“Uno show che si è sgonfiato troppo in fretta per essere una cosa seria, che pone molti dubbi e qualche sospetto”. La marcia su Mosca della Wagner di Evgeny Prigozhin si è conclusa in fretta e senza troppi spargimenti di sangue. Ma soprattutto, sostiene il direttore della rivista Analisi Difesa Gianandrea Gaiani, “con un accordo che sembra accontentare tutti, ma sopratutto Putin”.

Gaiani, aveva ragione lei: nell’intervista concessa sabato a ilfattoquotidiano.it ha detto “quella in corso sembra una guerra civile invece è una trattativa”.
Intanto un colpo di stato non lo inizi a 800 chilometri da Mosca, da Rostov. Poi c’era la coincidenza con la scadenza della nuova legge di Mosca, che impone alle compagnie private come Wagner un contratto che le mette di fatto sotto il controllo del ministero della Difesa. Coincidenza che non permetteva di leggere l’insurrezione come un tentativo di rovesciare il presidente Vladimir Putin. Da ultimo, l’assenza di una sollevazione militare che lasciava sorpresi: nessuna resistenza né dai militari, né dai poliziotti, né dalla Guardia Nazionale, né dalle truppe dei servizi di sicurezza interna (FSB), se si esclude l’attacco di un elicottero Ka-52 abbattuto dai contractors e la distruzione di alcuni elicotteri all’aeroporto di Rostov in contesti ancora da chiarire”.

Un incontro di box senza ko, dunque. Facciamo la conta dei punti.
Prigozhin ha portato a casa un “esilio” in Bielorussia, per lui e per quanti dei suoi l’hanno seguito nell’insurrezione, dove la Wagner potrà essere molto utile al presidente bielorusso Alexander Lukashenko, che conosce Prigozhin da 20 anni ed è alle prese con polacchi, baltici e ucraini che stanno addestrando i suoi oppositori in esilio per destabilizzare il Paese. Una soluzione per il leader della Wagner, sollevato dall’obbligo di firmare il contratto con l’odiato ministro della Difesa, ma anche parte del successo di Putin che, dicono alcuni, ha spostato la Wagner portandola dai 200 chilometri che la separavano dalla capitale a soli 100 chilometri da Kiev. Poi, certo, non è detto che in Bielorussia Prigozhin non vada incontro al prezzo del suo tradimento.

E Putin?
Ha innanzitutto ricevuto un ampio consenso popolare e militare, mentre non c’è stata alcuna sollevazione militare a sostegno di Prigozhin. Al contrario, da ogni parte i proclami russi sono stati “abbiamo un solo comandante in capo”, Putin. Che ha evitato spargimenti di sangue russo e offerto agli insorti una via d’uscita. Un finale che da un lato lo mostra magnanimo e dall’altro consente ai miliziani che non hanno preso parte all’iniziativa di firmare e combattere per il Cremlino sotto la guida dell’esercito regolare, proprio ciò che il leader di Wagner escludeva. Non solo, il fatto che l’accordo lo abbia trovato Lukaschenko è perfetto per Putin, che lascia al loro posto il ministro della Difesa Sergei Shoigu e il capo di stato maggiore, generale Valerij Gerasimov, quelli che Prigozhin voleva rimuovere. Ma al contempo la sollevazione offre più di un pretesto al presidente che, diversamente da prima, potrà valutarne l’avvicendamento, magari a bocce ferme. Nel caso di Shoigu, ad esempio, potrebbe fargli comodo una figura più politica e meno ingombrante. Quello di Putin è un successo non indifferente.

Una soluzione che accontenta tutti.
E forse in questo qualcosa puzza. L’ipotesi che sia stata tutta una messa in scena non mi pare così assurda: la Wagner che prende Rostov senza interrompere i comandi verso il fronte. La marcia senza ostacoli mentre si blinda Mosca. I ceceni che vanno a dare una mano per riconquistare Rostov ma guarda caso arrivano quando la Wagner ripiega tra gli applausi della gente. Tanti elementi che inducono a sospettare della messa in scena. Che tra l’altro, ed è anche questo un punto per Putin, ha confuso gli osservatori in Occidente. Tanto che, come riferisce oggi il Wall Street Journal, il dipartimento di Stato americano ha rinviato l’adozione di nuove sanzioni contro la PMC Wagner per le sue attività in Africa per non aiutare indirettamente Putin. Insomma, gli Stati Uniti sembrano impegnati a domandarsi se la Wagner è buona o cattiva. In parte una deriva dell’informazione trasformata in propaganda che assomiglia più al tifo calcistico e che rischia di impedire a noi occidentali di capire davvero quanto accade in Russia e sul fronte ucraino, anche per il futuro.

Che fine farà ora la Wagner?
Difficile dirlo, magari cambierà nome. Quanti firmeranno con la Difesa passano sotto il diretto controllo dell’esercito russo, mentre gli esiliati con Prigozhin in Bielorussia sono il consolidamento della posizione di Mosca al fianco dell’alleato dopo la dislocazione delle testate atomiche. Ma la cosa importante sarà capire come Mosca deciderà di gestire tutti gli affari all’estero attualmente in mano a Wagner. Li gestirà ancora Prigozhin o lo faranno altri? Quelle della Wagner, sopratutto in Africa, sono attività strategiche. Non è escluso che Mosca decida ora di sostituire la Wagner con un’altra compagnia privata, tra le tante che esistono e che sono nate nel frattempo, magari guidata da personaggi che non hanno l’autonomia eccessiva di Wagner, non sono in mano a un eccentrico ed egocentrico e che quindi risulterebbe più controllabile. Quanto a Prigozhin, quello che è realmente successo forse non lo sapremo mai. Che si sia venduto agli americani? Per andare dove? Nel caso avrebbe le ore contate.

Ora l’attenzione deve tornare anche al fronte ucraino: qual è la situazione sul piano militare?
Le notizie sul fronte ucraino sono limitate e questo vuol dire che la controffensiva sta andando male. Combattono sulla linea degli avamposti. Attaccano a Bakhmut, ma più a Nord sono i russi ad essere passati all’offensiva e Kiev ha attaccato proprio dove Mosca se lo aspettava. Gli Usa stessi si sono detti delusi dagli sviluppi, dalla resistenza russa. A mio avviso non vanno sottovalutate le recenti dichiarazioni del segretario Nato Jens Stoltenberg. Se prima sosteneva la necessità di combattere fino alla sconfitta russa, ora sostiene che l’Ucraina deve riguadagnare terreno per negoziare da un punto di maggiore forza. Forse perché quello che potevamo dare agli ucraini gliel’abbiamo già dato? Significa che una volta conclusa la controffensiva saranno i partner della Nato a pretendere il negoziato? Di sicuro è un cambio di prospettiva. Se prolungata, la tensione di ieri avrebbe potuto influire sulla tenuta dei soldati russi al fronte. Ma mi pare che la questione sia già superata e Putin ne è uscito bene.

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