Oggi ho appreso due notizie che hanno dell’incredibile.

La prima è che il Tribunale dei Ministri di Roma ha escluso “qualsiasi responsabilità penale a carico degli ex ministri”. Ovviamente questo comporta anche il fatto che tre ex ministri, di cui uno medico, non dovessero sapere che l’Italia non aveva un piano pandemico aggiornato. Cosa che i cittadini italiani hanno saputo con il sacrificio reale di Francesco Zambon che si è dimesso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità proprio per essere entrato in contrasto su questo argomento. Ma lui è “il pesce piccolo” che può essere sacrificato dalla politica e fagocitato dai giornalisti, che lo hanno prima idolatrato e poi abbandonato.

Io no. Mai.

In questa lunga giornata poi abbiamo appreso che le virostar stanno andando in debito di ossigeno non per uno strano virus, ma perché si sono spente le luci della ribalta. Allora a chi si era abituato a stare in prima fila viene in mente di lamentarsi anche di un premio dato alla memoria ad un dottore che stava solo in prima linea, che io ho conosciuto bene fino a parlargli al telefono la settimana prima del suo suicidio. Credo che la virostar dovrebbe tornare nel buio dei suoi laboratori in cui manca da un po’. Per aiutarlo rilancio le parole che ho riportato in un mio post del 2021.

Un medico, non solo, un anestesista che ha lavorato fianco a fianco per anni con me. Poi il buio di circa 45 giorni risolti in 48 ore. Il caso non fa statistica in medicina? Tutti i rianimatori interpellati dal collega avevano appena bevuto? L’affare dei plasmaderivati come si è chiuso? Lunga vita almeno nella memoria ad un medico che ci ha messo la faccia e la vita senza nascondersi e senza andare sotto i riflettori.

Anche il mio amico e collega anestesista, R.M., con cui ho diviso tante ore di sala operatoria e che mi aveva spiegato il suo calvario nel 2021, ha voluto inviarmi queste parole che volentieri condivido con voi:

Leggo con sconcerto, rammarico e non poca rabbia un articolo nel quale Matteo Bassetti, noto direttore del Reparto di Malattie Infettive del S. Martino di Genova, critica aspramente la proposta di un Premio De Donno 2023. L’illustre collega genovese (sono un medico specializzato in Anestesia e Rianimazione) definisce De Donno medico “divisivo” per il suo impegno nella ricerca, sperimentazione e attuazione della terapia anti-COVID a base di plasma iperimmune, sostenendo che tale terapia non ha fatto altro che portare acqua al mulino dei “no vax”. Accusa che lo stesso De Donno ha sempre rigettato non solo a parole ma nei fatti, essendo stato in prima linea negli anni bui della pandemia a Mantova rivendicando il ruolo fondamentale dei vaccini ma inserendo la terapia con plasma iperimmune fra le altre opzioni terapeutiche.

Andrebbe precisato inoltre che l’idea di utilizzare il plasma di donatori guariti da infezione da COVID non fu un’intuizione del solo De Donno, ma fu il frutto di una collaborazione fra lo stesso, il dott. Casari (Primario di Malattie Infettive di Mantova) e successivamente con l’Ospedale S. Matteo di Pavia. Quindi l’accanimento verso De Donno è dovuto forse al suo impegno informativo pubblico su questa opzione terapeutica che forse andava a ledere interessi di case farmaceutiche che tanto avevano investito su altre opzioni? Forse che la terapia con plasma iperimmune non fosse così remunerativa?

Proprio recentemente peraltro sono stati pubblicati sulla rivista Life i risultati dello studio condotto tra il 2020 e il 2021 su 405 pazienti ricoverati a Mantova per infezione da Covid-19. I risultati hanno dimostrato la sicurezza e l’efficacia su pazienti trattati precocemente con plasma iperimmune, con inoltre scarsi effetti collaterali.

Per quello che può valere la mia personale esperienza (ovviamente per me moltissimo) ricordo che quando fui risultato positivo al Covid-19 con un quadro di polmonite interstiziale bibasilare fui ricoverato e sottoposto a tutte quelle terapie che nelle prime fasi della pandemia si pensava (ma senza nessuna evidenza scientifica, come era ovvio dato lo scarso tempo per eseguire test clinici validabili) potessero essere efficaci, a partire dalla Colchicina fino ad arrivare al Rendesivir, senza nessun risultato clinico evidente. Rimanevo febbrile, con una scarsa ossigenazione ematica, debilitato e sottoposto a ossigenoterapia. Ricordo di aver chiesto un giorno alla collega che mi aveva in cura presso un ospedale milanese se non fosse possibile essere sottoposto a trasfusione con plasma iperimmune. La collega, con espressione imbarazzata, mi rispose che l’ospedale non era attrezzato per questa eventualità. Il mio stupore fu grande perché stavamo parlando di uno dei più grandi e pubblicizzati ospedali milanesi.

Ripensai spesso a quello scambio di opinioni e mi persuasi che non era possibile che fosse un impedimento organizzativo ad ostacolare quell’opzione, ma che invece fossero disposizioni precise dei vertici dell’ospedale che spingevano in altre direzioni. Chiesi il mio trasferimento in altro ospedale più periferico nel quale avevo rapporti professionali con diversi colleghi. Dopo pochi giorni dal ricovero decidemmo di sottopormi a trasfusione con plasma iperimmune. Venne intrapreso l’iter clinico previsto e presto, grazie alla collaborazione del Centro Trasfusionale dell’ Ospedale San Matteo di Pavia, arrivò una sacca di plasma da donatore. Ricordo che la mattina in cui arrivò mi svegliai con più di 40°C di temperatura e un senso di prostrazione profonda.

Quello che successe in seguito mi fece pensare di aver vissuto un lungo incubo dal quale mi ero finalmente risvegliato. Dopo circa 12 ore dal termine della trasfusione ero letteralmente rinato. Sfebbrato, in grado di liberarmi dell’ossigeno e con la sensazione di essere sulla strada giusta per guarire. Fui dimesso dopo circa 10 giorni.

Sono un medico; sono conscio che il mio caso non può essere generalizzato. Ma proprio perché sono un medico (per di più rianimatore) non posso che annoverare la terapia con plasma iperimmune fra quelle efficaci e che possono risolvere situazioni che apparentemente non rispondono a terapie farmacologiche. Tempistiche, modalità etc. tutte da valutare caso per caso, ma nulla e nessuno potrà convincermi che la terapia proposta da De Donno e colleghi sia una truffa.

Ben venga un Premio alla sua memoria: avrei voluto solo poterlo ringraziare.

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