Niente ergastolo per Alfredo Cospito. La corte d’Assise d’Appello di Torino ha recepito l’indicazione della Consulta e ha condannato l’anarchico a 23 anni di carcere, mentre alla sua compagna Anna Beniamino i giudici hanno inflitto una pena da 17 anni e 9 mesi di reclusione. Si chiude così il procedimento nato dall’inchiesta Scripta Manent sull’organizzazione anarchica Fai-Fri. Il secondo processo d’Appello serviva a ricalcolare della pena relativa a uno solo degli episodi contestati, l’attentato alla scuola allievi carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo, del 2 giugno 2006. Si tratta di una vicenda che la Cassazione aveva riqualificato come strage politica, punibile dunque con l’ergastolo. Il nuovo processo di secondo grado è ripartito dopo che la Consulta è stata chiamata e esprimersi sul caso, dichiarando incostituzionale il mancato riconoscimento delle attenuanti e aprendo dunque a uno sconto di pena per l’anarchico. Nonostante tutto, però, il procuratore generale di Torino Francesco Saluzzo aveva comunque chiesto alla corte di condannare all’ergastolo Cospito, mentre per Beniamino erano stati chiesti 27 anni e 1 mese. Dopo quasi quattro ore di camera di consiglio, i giudici hanno deciso per una condanna diversa dal fine pena mai.

L’intervento dell’anarchico: “Non ci sono prove su di noi” – Cospito ha seguito l’udienza in video collegamento dal carcere di Sassari. Per la prima volta dall’inizio del processo l’anarchico è intervenuto per negare il suo coinvolgimento nell’attentato alla scuola allievi carabinieri: “Non c’è nessuna prova che noi abbiamo piazzato gli ordigni a Fossano. Questo è un processo alle idee. Gli anarchici non fanno stragi indiscriminate, perché gli anarchici non sono lo Stato”, ha detto nel corso dell’ultima dichiarazione spontanea, prima che i giudici di Torino entrassero in camera di consiglio. “Gli anarchici non fanno stragi indiscriminate, non siamo lo Stato”, ha detto l’imputato, che ha anche parlato di un processo caratterizzato da “stranezze” e da “un evidente accanimento”. Prima dell’intervento di Cospito c’erano state le repliche della procura generale e degli avvocati difensori. Il procuratore Saluzzo ha sottolineato che ”a Fossano l’azione è stata micidiale e il pericolo massicciò”. “Non si capisce perché la procura voglia applicare una pena così esemplare”, ha detto invece l’avvocato Flavio Rossi Albertini, legale di Cospito, che aveva chiesto di applicare l’attenuante del fatto lieve. Richiesta condivisa dalla corte.

La vicenda – Il secondo processo d’Appello è ripartito dopo una pronuncia della Corte Costituzionale che ha sancito la possibilità di dichiarare la prevalenza dell’attenuante del ‘fatto lieve’ sulla recidiva anche per il reato di ‘strage politica’, contestato a Cospito. L’anarchico è imputato per due ordigni ad alto potenziale piazzati dentro cassonetti per i rifiuti vicini a uno degli ingressi della Scuola carabinieri di Fossano: è stato condannato a 20 anni in secondo grado. Ma la Cassazione aveva riqualificato il reato come strage politica, punita con l’ergastolo, imponendo ai magistrati di dover rideterminare la pena. Sono stati proprio i magistrati piemontesi a investire la Corte costituzionale. A Fossano non ci furono né morti né feriti, ma solo danni. Per questo, secondo la Corte d’appello di Torino, si potrebbe riconoscere l’attenuante dei fatti di lieve entità, che ridurrebbe la pena di un terzo. Nel caso di Cospito, condannato con la sua compagna Anna Beniamino per quell’attentato, c’era però un ostacolo insormontabile perché dichiarato recidivo reiterato e l’articolo 69 del codice penale impediva fino a oggi che in un caso come il suo si potesse applicare lo sconto di pena. Di qui la richiesta alla Consulta di pronunciarsi proprio su quella norma, che secondo i magistrati sarebbe contraria al principio di proporzionalità della pena e alla sua finalità rieducativa. Un’indicazione seguita dalla corte d’Assise d’Appello di Torino, nonostante la procura generale avesse chiesto nuovamente l’ergastolo.

La protesta di Cospito – Già nelle scorse udienze Cospito era intervenuto per criticare il regime di 41 bis, al quale è sottoposto (“la vera faccia della Repubblica”) e ha citato casi di detenuti morti negli ultimi tempi dicendo anche di sentirsi moralmente responsabile del decesso di due persone entrate in sciopero della fame sull’onda della ‘canea mediatica’ che si era sviluppata intorno al suo caso. “La mia vicenda processuale – ha detto– è stata usata come una sorta di clava da una parte politica, il governo, contro un’altra parte politica, la cosiddetta opposizione. Il mio trasferimento da una sezione all’altra in previsione dell’arrivo dei parlamentari del Pd è un esempio lampante di come il 41 bis sia stato strumentalizzato a fini politici”. Per l’anarchico il 41 bis è, fra l’altro, uno strumento “usato per mettere il bavaglio a una generazione di mafiosi che lo Stato ha usato e poi tradito rinchiudendoli qui sino alla morte per tappare loro la bocca ed evitare che emergano i segreti oscuri della Repubblica”. Cospito ha poi definito “ridicole” le “accuse su un’alleanza fra anarchici e mafiosi”. Nei mesi scorsi l’anarchico è finito al centro delle vicende di cronaca, visto che per diverse settimane ha portato avanti uno sciopero della fame contro il carcere duro.

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