La Quinta sezione penale della Cassazione ha annullato l’archiviazione del fascicolo sulla morte di Enrico Lombardo, il 42enne deceduto nella notte tra il 26 e il 27 ottobre del 2019 dopo essere stato fermato a Spadafora, nel messinese, dai carabinieri allertati dalla sua ex compagna, che si sentiva spaventata dalla sua insistenza per un confronto. Un episodio che in molti, tra cui Amnesty International, accostano a quello della morte di Stefano Cucchi. Nella fase di esecuzione del fermo, Lombardo venne infatti tenuto immobilizzato a terra per circa venti minuti, fino all’arrivo dei sanitari che ne constateranno il decesso. A documentarlo è un video diffuso in rete in cui si osservano i militari infierire su di lui utilizzando anche un manganello. Le foto del cadavere, inoltre, “mostrano un corpo martoriato da ecchimosi, lesioni e ferite in tutte le parti”, ha sottolineato l’avvocato della famiglia, Pietro Pollicino, in un incontro tenuto sul caso nei giorni scorsi in Senato. Mentre la parlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, ha parlato apertamente di “tortura“.
Stando alla perizia, il 42enne è morto a causa di “un infarto provocato da un trauma cranico imponente”. La Procura di Messina aveva aperto un fascicolo nei confronti di uno dei militari, indagato per morte come conseguenza di altro delitto, e di un medico e di due operatori del 118, accusati di omicidio colposo. Il 27 luglio scorso, però, il gip ha archiviato l’indagine su richiesta degli stessi pm, ritenendo che non ci fossero elementi per il rinvio a giudizio. La famiglia, che si era opposta alla richiesta d’archiviazione, ha impugnato la decisione in Cassazione: venerdì, durante l’udienza, di fronte al Palazzaccio si era tenuto un sit-in organizzato da Amnesty e dalla onlus A buon diritto (fondata dall’ex senatore Luigi Manconi) per chiedere verità e giustizia. La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha rimandato gli atti al gip di Messina, che dovrà decidere di nuovo sulla richiesta di archiviazione.
“Sono contento perché si apre uno spiraglio in questa triste vicenda giudiziaria”, afferma l’avvocato della famiglia. Soddisfatto Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia: “C’è ancora una possibilità di chiarire cosa accadde a Enrico Lombardo e di accertare tutte le responsabilità. La decisione della Corte di Cassazione rappresenta una speranza per la famiglia di Lombardo e per coloro che cercano la verità in questa grave vicenda. È fondamentale che tutti gli elementi non ancora presi in considerazione vengano ora attentamente esaminati”. “Siamo contenti, il nostro urlo di richiesta di giustizia è stato accolto e siamo fiduciosi per il futuro dell’inchiesta perché ci sono gli elementi per un processo: le foto di Enrico parlano da solo, è stato massacrato non può essere morto per infarto”, dice invece Alessandra Galeani, ex moglie di Lombardo. “Ho avuto fiducia e continuo ad averla nella magistratura, e sono sicura che avremo giustizia. Voglio ringraziare le associazioni che da subito ci hanno creduto e che ci hanno sostenuto con forza e determinazione”.