Il CAI vuole togliere le croci di vetta per favorire l’interculturalità? È falso. I giornali hanno inventato tutto. Il cortocircuito sulla montagna dell’estate 2023 è servito. È bastato che all’Università Cattolica di Milano, durante la presentazione del libro Croci di vetta in Appennino, alla presenza dell’autrice Ines Millesimi, si affrontasse genericamente la questione al centro del volume e il telefono senza fili dell’informazione contemporanea ha sfornato titoli a nove colonne come “Il CAI: Basta nuove croce sulle vette di montagna”. Una “notizia” che ha fatto il giro d’Italia, e anche oltre, vista la risonanza che le questioni inerenti la montagna hanno da decenni. Con l’aggiunta dei due pezzi grossi di governo: il ministro Santanchè e il ministro Salvini pronti a scandalizzarsi. La prima si è dichiarata “basita” e ha parlato di “decisione contro i nostri principi”; il secondo l’ha argomentata prendendola più larga: “Penso che la proposta di ‘vietare’ il Crocifisso in montagna perché ‘divisivo e anacronistico’ sia una sciocchezza, senza cuore e senza senso”. Insomma, direbbe Shakespeare di fronte alle fake news: tanto rumore per nulla. Infatti dopo nemmeno 24 ore è stato il presidente del CAI, Antonio Montani a smentire categoricamente qualsivoglia posizione ufficiale di cancellazioni delle croci di vetta. “Non abbiamo mai trattato l’argomento delle croci di vetta in alcuna sede, tantomeno prendendone una posizione ufficiale. Quanto pubblicato è frutto di dichiarazioni personali espresse dal direttore editoriale Marco Albino Ferrari durante la presentazione di un libro”, ha spiegato Montani. “Personalmente, come credo tutti quelli che hanno salito il Cervino, non riesco ad immaginare la cima di questa nostra montagna senza la sua famosa croce. Voglio scusarmi personalmente con il Ministro per l’equivoco generato dagli articoli apparsi sulla stampa e voglio rassicurare che per ogni argomento di tale portata il nostro Ministero vigilante sarà sempre interpellato e coinvolto”, ha concluso il presidente del Club Alpino Italiano.
Solo che la questione non si ferma qui. Perché FQMagazine ha contattato i partecipanti all’incontro svoltosi alla Cattolica e ha scoperto che nemmeno Marco Albino Ferrari ha mai esposto alcuna ipotesi di cancellazione di croci in vetta alle montagne. “Ma scherziamo? Non l’ho mai detto”, esclama Ferrari. “Monsignor Sanchez che ha parlato prima di me ha affermato che le croci esistenti vanno mantenute e preservate, mentre bisogna fare attenzione a metterne di nuove perché come ha detto Papa Francesco spesso l’uso della croce viene strumentalizzato e banalizzato, si vedano quelle croci di 15 metri che sembrano tralicci). Io sono intervenuto mostrandomi d’accordo con lui. Il mio intervento ha riguardato lo sguardo culturale dell’uomo nel corso dei secoli sulle montagne ed è mia opinione che le croci vanno lasciate. Lo dico da laico. Fanno parte del paesaggio alpino e anzi, immaginiamo se il Cervino non avesse la sua croce. Sarebbe una montagna spoglia priva di senso. Cosa diversa se ci fosse una croce in cima all’Everest. Oggi si dice spesso che le croci ci rappresentano meno perché è una società multiculturale. Ma questo non toglie valore alle croci perché non hanno un valore religioso, ma storico culturale. Sono come i campanili”.
“È davvero incredibile come sia passato il concetto di togliere le croci dalle vette di montagna che nessuno alla presentazione ha mai esposto”, sottolinea Ines Millesimi, autrice del libro al centro del dibattito, a FQMagazine. “Anzi, il messaggio generale di tutti i relatori è stato ben altro rispetto al togliere croci. In vario modo infatti abbiamo parlato di un nuovo corso per la loro manutenzione e sull’opportunità e il senso di inserirne di nuove in luoghi già eccessivamente antropizzati. Al di là delle croci la montagna oggi è troppo piena di “oggetti” e lo spiego nel mio libro”. Millesimi conclude: “L’aspetto che mi sorprende è che al convegno non c’era nessun giornalista eppure è uscita e ha circolato la notizia che qualcuno tra noi ha parlato di togliere le croci dalle vette. Possibile che direttori di giornale, redattori, cronisti non verifichino in modo oggettivo ciò che si è detto in quell’occasione?”. Preoccupazione legittima, quella dell’autrice del volume Croci di vetta in Appennino, perché il telefono senza fili sullo “scandalo” delle croci da asportare dalle cime delle montagne con il coinvolgimento ministeriale pare sia nato dalla ripresa di un articolo del 13 giugno 2023 – quindi di 15 giorni fa – sul portale del CAI Lo Scarpone. L’articolo intitolato Croci di vetta: sbagliato rimuoverle, anacronistico installarne di nuove, a firma di Pietro Lacasella era di presentazione, a sua volta, e una decina di giorni prima, dell’evento alla Cattolica di Milano. In un passaggio Lacasella scrive: “Ma la società attuale si può ancora rispecchiare nel simbolo della croce? Ha ancora senso innalzarne di nuove? Probabilmente la risposta è no. Innanzitutto perché l’Italia si sta rapidamente convertendo in uno Stato a trazione laica, territori montani compresi. Pertanto la croce non rappresenta più una prospettiva comune, bensì una visione parziale”. Da questo non spunto di cronaca è quindi partita la fake.