“Il fatto ci sia la presenza di batteri all’interno di contenitori messi in altri contenitori che conservano il cibo non è una notizia di per sé inattesa”, spiega al FattoQuotidiano.it il professor Roberto Cauda, Infettivologo del Policlinico Gemelli di Roma, commentando lo studio del Gambero Rosso
Li vediamo scorrazzare per le strade durante il giorno e anche a tarda sera, con i loro box “vissuti” caricati su bici o motorino per effettuare le consegne di cibo a domicilio. Sono i rider, chiamati non solo a fare tutto in estremo orario, facendo slalom nel traffico cittadino e a rischio della propria sicurezza, ma anche a pensare – giustamente – a mantenere un’igiene corretta dei cubi che hanno contenuto hamburger, pizze, sushi… Cosa che forse, viste le loro condizioni lavorative estreme, non riescono a fare bene. Il dubbio è venuto a Gambero Rosso, la principale rivista di enogastronomia, che ha fatto svolgere dei test di laboratorio al SiLa di Roma per analizzare uno dei contenitori cubici usati dai rider per le loro consegne. I risultati emersi farebbero però passare la voglia di ordinare ancora alimenti secondo questa modalità. “Chi mangerebbe del cibo sapendo che è stato trasportato in un cubo che ospita più di 200 colonie di batteri?”, si chiede la rivista nel suo servizio di copertina intitolato “Batteri a domicilio” in uscita martedì 27 giugno. “C’è un clamoroso buco nella filiera del delivery”, spiega l’inchiesta del Gambero Rosso. “Riguarda la sicurezza alimentare, l’igiene dei contenitori dove viene riposto il cibo durante il trasporto. Le norme ci sono e anche stringenti, purtroppo però le aziende di fatto non le rispettano. Come dimostrano le analisi che pubblichiamo”.
Dove si annidavano i batteri – Le 200 colonie di batteri sono state identificate sul fondo e sulle pareti del box di Glovo, una delle principali aziende di consegna di cibo a domicilio. La legge stabilisce che tutti gli operatori – rider inclusi – seguano un corso di formazione su igiene e sicurezza degli alimenti. Ma in assenza di controlli, le aziende che operano nel food delivery sono deboli nella formazione del personale, come invece sarebbe prescritto dalle norme nazionali ed europee. Il contratto dei rider con l’azienda raccomanda di “mantenere i contenitori puliti” e dedicarsi “alla pulizia quotidiana del sacchetto con sapone e disinfettante”. Ma poi, con i loro budget ridotti all’osso, i rider si concentrano su altri problemi. Anche perché la spesa per i detersivi è a carico dei ragazzi sulle due ruote. Già Nel 2021 l’università di Torino si era occupata del tema con un articolo sulla sua rivista Prevenzione in corso scritto da Alice Rastello e Maria Ausilia Grassi. Anche per questa ricerca la Asl ha fermato e ispezionato una ventina di rider nel centro di Torino. I punti critici: “Imballaggio mal eseguito, contaminazione degli alimenti all’interno del box termico, trasporto degli alimenti a una temperatura non conforme o in condizioni igienico-sanitarie insufficienti”. I ragazzi delle consegne hanno ammesso di dedicarsi alla pulizia del box in media una volta alla settimana e di aver ricevuto corsi sommari da parte delle aziende (spesso con video o slide inviati per posta). Molti, in ogni caso, avevano difficoltà di comprensione della lingua.
Temperature da rispettare – Oltre alle carenze dei trasportatori, i ricercatori di Torino hanno rilevato l’ignoranza delle regole da parte dei ristoratori. La colpa di confezioni non sigillate o di cibi caldi e freddi imballati insieme non è sempre dei rider. E il problema, per la temperatura, diventa serio perché causa la proliferazione dei batteri. “Gli alimenti da consumarsi caldi devono essere trasportati da 60° a 65°”, spiega l’inchiesta del Gambero Rosso, “mentre quelli da consumarsi freddi non devono superare i 10°”. In una scatola ispezionata dai ricercatori torinesi c’erano hamburger e acqua (ex) refrigerata insieme, con la carne scesa a 46 gradi. In un’altra, sushi e ravioli (ex) caldi, entrambi consegnati a 20 gradi.
Il parere dell’esperto – “Il fatto ci sia la presenza di batteri all’interno di contenitori messi in altri contenitori che conservano il cibo non è una notizia di per sé inattesa. Perché in qualsiasi superficie di uso comune c’è presenza di batteri”, spiega al FattoQuotidiano.it il professor Roberto Cauda, Infettivologo del Policlinico Gemelli di Roma. “In ogni caso, sarebbe importante che fosse rispettata la safety security degli alimenti, ossia una serie di procedure di controllo nella preparazione degli alimenti per ridurre al massimo la contaminazione batterica e aumentare l’attenzione del rispetto delle regole nell’ambito della consegna dei cibi, anche da parte di chi li consuma. “Tuttavia, non tutti i batteri sono uguali”, continua Cauda, “alcuni possono essere pericolosi altri no; questi fenomeni devono però rappresentare un campanello d’allarme per intensificare il controllo del cibo per quanto riguarda l’attività dei rider. Anche se in Italia, nell’ambito della sicurezza alimentare, la situazione è sufficientemente rassicurante”.