Algeria, Arabia Saudita, Bahrein, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Iraq, Kuwait, Libia, Palestina, Siria e Yemen.
Questi sono gli Stati dell’area di cui si occupa questo blog che hanno introdotto nel codice penale il reato di tortura. In tutto il mondo sono 108.
Che in Arabia Saudita, Egitto o Siria, dove la tortura è uno strumento di repressione politica, si preveda la punizione di questo reato è, ovviamente, paradossale. Sarebbe però ancora più paradossale se l’Italia non figurasse più nell’elenco. Purtroppo, è un’ipotesi concreta.
Martedì scorso la commissione Giustizia del Senato ha iniziato a discutere del reato di tortura. Lo avrebbe fatto anche prima, mercoledì 14, se non fosse stato per la sospensione dei lavori parlamentari a seguito dei funerali di Silvio Berlusconi. Sottolineiamo la data: 14 giugno, pochi giorni dopo lo scandalo delle torture nella questura di Verona.
Ci sono voluti quasi 29 anni, dal gennaio 1989 al luglio 2017, per approvare l’articolo 613 bis del codice penale. Una norma neanche perfetta, frutto di compromessi, che tuttavia è stata usata per incriminare (e, in alcuni casi, anche processare) funzionari dello Stato italiano per uno dei più gravi crimini di diritto internazionale.
In quei quasi 29 anni alcune forze politiche hanno cercato in ogni modo d’impedire che si arrivasse a quel risultato: oggi hanno la maggioranza parlamentare, e dunque i numeri, per annullarlo. Potrebbero essere sufficienti 29 giorni per tornare indietro di 29 anni.
La narrazione ricorrente, ingannevole, è che si discute del reato di tortura per “migliorarlo”, “precisarlo”, “chiarirlo”. Una delle proposte – del Movimento 5 Stelle – è effettivamente “migliorativa” ma non ha i numeri per essere approvata.
Un’altra proposta, annunciata da Fratelli d’Italia al Senato, non è ancora nota e potrebbe essere accorpata alla prima, con effetti dirompenti. Ma quella che vuole letteralmente abrogare il reato di tortura, lasciando in piedi solo una vaga aggravante nell’articolo 61 del codice penale, è alla Camera.
Il messaggio che arriverebbe dal parlamento e dal governo, in caso di abrogazione, sarebbe chiarissimo: si può tornare a torturare nell’impunità. Per questo, in occasione dell’odierna Giornata internazionale per le vittime di tortura, è necessario dire forte e chiaro al parlamento: il reato di tortura non si tocca!