Il mondo è con il fiato sospeso per gli ultimi avvenimenti della guerra in Ucraina. Difficile capire in quale direzione si indirizzeranno le azioni militari dopo che Prigozhin, arrivato a 200 km da Mosca, ha fatto marcia indietro sparendo nel nulla con i suoi 25mila mercenari. L’ipotesi più probabile, a mio avviso, è che Prigozhin abbia tentato un colpo di Stato non riuscendoci, e che nella trattativa con Putin sia emerso un cambiamento della strategia militare sovietica.

Ritengo probabile l’ipotesi secondo la quale Prigozhin e le sue truppe possono essersi ritirate in Bielorussia, da dove sono in grado di attaccare da nord-ovest direttamente Kiev, praticamente accerchiando le truppe ucraine, o addirittura attaccare la Lituania.

Le notizie che provengono da quest’ultimo Paese, che teme l’aggressione e sta rinforzando la sua difesa, fa apparire uno scenario terrificante nel quale la guerra per procura in Ucraina si trasformerebbe in una guerra diretta della Nato contro la Russia, il cui esito sarebbe un olocausto globale.

L’unica flebile speranza, in questo scenario, è l’intervento di Xi Jinping, il quale, dicendo che l’intenzione della Cina è quella di sostenere l’ordine dello Stato in Russia, ha messo in evidenza l’essenza del problema.

E qui viene in evidenza quello che dico da oltre 20 anni: se si opera secondo le idee individualiste del neoliberismo, idee che si sono purtroppo radicate in Occidente, e che mirano, come vuole il governo Meloni, al dominio dei conservatori (i quali peraltro hanno stravinto in Grecia), l’effetto fondamentale è che si distrugge lo Stato. In altri termini il venir meno dell’ordine costituito che possa imporre il diritto in ultima analisi con la forza, è ovviamente quello che è accaduto in Russia, dove, al posto dello Stato, c’è un gruppo di oligarchi, finora tenuti a bada da Putin, i quali sono diventati proprietari privati dell’immensa proprietà pubblica del Popolo russo.

Insomma la possibilità di essere in grado di mantenere l’ordine sociale presuppone la disponibilità del governo legittimo di governare e disporre dell’intera economia nazionale e quindi la necessità dell’esistenza di una forte proprietà collettiva demaniale dello Stato stesso, cioè del Popolo.

L’idea della deregulation per cui i beni appartengono ai singoli che li occupano e della privatizzazione secondo la quale la proprietà pubblica di tutti è offerta ai singoli sul mercato generale, e per quanto ci riguarda, anche sul mercato interno europeo, la gestione del potere passa nelle mani dei potentati economici, i quali addirittura possono avere a loro disposizione truppe mercenarie.

Gli effetti sono quelli avvenuti in Russia e sono quelli, per l’Italia, che, forse inconsapevolmente, persegue il governo Meloni, diretto esecutore delle volontà del più convinto privatizzatore di tutti i tempi, Mario Draghi, il quale ha addirittura affermato, sul panfilo Britannia, il 2 giugno 1992, davanti ai delegati della City londinese, che i mercati considerano la privatizzazione dell’enorme potenziale industriale dell’Italia la cartina di tornasole della sottomissione del nostro governo al volere dei mercati.

È quello che sta accadendo oggi addirittura con la prospettata approvazione del Meccanismo europeo di stabilità (MES), conseguenza della completa subordinazione del nostro governo all’Europa degli Stati forti e agli Stati Uniti d’America.

Chi ha occhi per vedere ci pensi.

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