di Vera Cuzzocrea, psicologa e psicoterapeuta
E’ recente l’impugnazione della Procura di Padova di 33 atti di nascita (dal 2017 ad oggi) di figli di coppie di donne per l’annullamento della trascrizione della madre non biologica. Bambini, fratelli e nonni che crescono in una famiglia messa in discussione, genitori che per la legge non lo sono più o non lo sono mai abbastanza. In attesa di sapere cosa riterrà di fare il Tribunale veneto, queste famiglie assistono sollevate alla decisione contraria del Tribunale di Milano relativa ad altre tre coppie di donne i cui figli sono nati all’estero con la procreazione medicalmente assistita (l. 40/04). L’ufficio milanese ha invece accolto quanto richiesto dalla procura rispetto al figlio di due papà nato in Italia con la maternità surrogata, poiché vietata.
Sono genitori e figli, uniti da legami affettivi, dentro sistemi familiari desiderati e costruiti nel tempo e proprio per questo forse più consapevoli, fatti di piccole abitudini ma di diritti incerti a causa di un vuoto legislativo che nessun governo è stato ancora in grado di colmare. La stessa norma del 2016 sancisce le unioni civili tra coppie dello stesso sesso, ma non il matrimonio con i diritti che ne conseguono, come la filiazione. Un vuoto su cui ha pesato anche una sentenza di Cassazione che esclude la trascrizione sull’atto di nascita all’estero di un bambino del genitore “d’intenzione”. Ma il colpo di grazia è stato dato dal Ministero dell’Interno che ha imposto ai sindaci di non consentire la registrazione sull’atto di nascita dei genitori dello stesso sesso. Il “rimedio” suggerito? L’istituto giuridico dell’adozione in casi particolari (ex art. 44 l. 184/1983): un processo lungo e costoso, sempre che giunga a buon fine.
In ogni Paese poi le cose cambiano, a seconda della capacità e volontà politica del governo in carica: figli orfani di uno o entrambi i genitori, figli più fortunati con entrambi i genitori riconosciuti. La conseguenza è la mancata tutela dei loro diritti: di successione o agli alimenti, a far sì che entrambi i genitori agiscano in qualità di rappresentanti legali per questioni mediche o scolastiche. Senza considerare la mancata tutela di quei diritti che dovrebbero essere riconosciuti universalmente (come ci sollecita la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia): alla famiglia e alla propria identità, di essere protetti da ogni forma di discriminazione.
Come soluzione, il Parlamento europeo ha proposto il riconoscimento della genitorialità a livello transnazionale. Senza alcuna procedura speciale. E soprattutto senza distinzione per i bambini, sia che siano nati da coppie eterosessuali che omogenitoriali, evidenziandone l’efficacia non solo sul punto di tutele ma anche della riduzione dei costi, emotivi, sociali ed economici. Ma il Senato ha bocciato la proposta.
Peccato per il silenzio rumoroso su questa vicenda, che impatta su decine di migliaia di famiglie italiane, famiglie altre forse non capite, certo non pienamente tutelate. Malgrado la ricerca psicologica abbia evidenziato la mancanza di aspetti di compromissione dei processi di crescita nei bambini e nelle bambine che crescono in famiglie con genitori dello stesso sesso, parimenti quindi in grado di offrire cura, affetto e protezione. Famiglie la cui comunità di appartenenza però non è in grado di tutelare da scenari di stigmatizzazione. E’ questo a produrre malessere in queste relazioni affettive ed è su questo che si dovrebbe intervenire per meglio orientare le politiche alla famiglia. E siamo già in ritardo.