Oggi è la giornata dedicata dalle Nazioni Unite alle vittime di tortura. L’articolo 13 della nostra Costituzione afferma che “è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”. Una norma che non lascia spazio a dubbi, interpretazioni, mistificazioni: la tortura deve essere punita. Ed è la sola volta nell’intero testo della Carta Costituzionale che viene usato il concetto di punizione.
Ci sono voluti 69 anni per adeguare la legislazione penale italiana al volere dei costituenti, arrivati a quelle conclusioni dopo avere vissuto in prima persona le violenze e le torture nelle prigioni del regime fascista. Solo nel 2017 è stata infatti approvata la legge che ha introdotto il crimine di tortura nel codice penale italiano permettendo di perseguire i presunti torturatori. Oggi la maggioranza che ci governa vorrebbe abrogare quella legge o modificarla, così bloccando i processi in corso.
Processi nei quali si giudicano comportamenti che riassumo virgolettando alcuni estratti dai documenti ufficiali:
“entrava nella sua cella e, dopo avergli chiesto se avesse voluto farsi una doccia, lo aggrediva colpendolo con violenti schiaffi in faccia e sul collo, contestualmente insultandolo chiamandolo ‘Merda’”;
“una violenza cieca ai danni di detenuti (…) che veniva esercitata addirittura su uomini immobilizzati, o affetti da patologie ed aiutati negli spostamenti da altri detenuti, e addirittura non deambulanti, e perciò costretti su una sedia a rotelle”;
“dopo aver condotto in infermeria un detenuto, gli sputavano addosso mentre uno di loro pronunciava la frase “figlio di puttana, ti devi impiccare”, e lo colpivano con violenti pugni al volto a seguito dei quali l’uomo perderà un dente incisivo superiore”;
“costretti senza cibo, e, per 5 giorni, senza biancheria da letto e da bagno, senza ricambio di biancheria personale, senza possibilità di fare colloqui con i familiari; tant’è che alcuni detenuti indossavano ancora la maglietta sporca di sangue, e, per il freddo patito di notte, per la mancanza di coperte e di indumenti, erano stati costretti a dormire abbracciati”;
“oltre alle violenze, venivano imposte umiliazioni degradanti – far bere l’acqua prelevata dal water, sputi, ecc. –, che inducevano nei detenuti reazioni emotive particolarmente intense, come il pianto, il tremore, lo svenimento, l’incontinenza urinaria”.
Ogni modifica o cancellazione della legge sarebbe una mortificazione per le vittime di tortura, uno sfregio allo Stato di diritto, una volgare presa in giro dei valori costituzionali. “La tortura è detenere un corpo e poterne approfittare. È un sequestro del corpo di una persona per abusarne. È molto peggio del reato di lesioni”, spiegò Erri de Luca a sostegno della campagna di Antigone per giungere all’approvazione della legge. Fu Cesare Beccaria nel lontano 1764 a definire la tortura una crudeltà da bandire.
È assurdo anche solo che si apra un dibattito sulla possibile abrogazione del reato di tortura. È assurdo penalizzare chi organizza un rave party e lasciare impunito un torturatore. Cosa distinguerebbe da un’autocrazia, da una delle tante finte democrazie che popolano il pianeta? Sarebbe importante che tutti facessero sentire la propria voce, a partire dai tantissimi poliziotti che lavorano per la legalità e nella legalità. Abbiamo bisogno di loro, così come della voce di chi arriva ai grandi mezzi di comunicazione e di chi intende esercitare il mandato parlamentare nel norme della Costituzione.