I dipendenti spagnoli del colosso dell’abbigliamento H&M sono arrivati al terzo giorno di sciopero per chiedere un aumento degli stipendi in linea con l’aumento generalizzato del costo della vita e con l’incremento del carico di lavoro dovuto ai licenziamenti del periodo del Covid-19. Lo scorso giovedì 22 giugno più dell‘80% dei lavoratori presenti in Spagna si è astenuto dal lavoro per 24 ore, lasciando chiusi oltre 100 negozi. I dipendenti si sono raccolti a Madrid, presso la maggiore sede del gruppo svedese, per rivendicare migliori condizioni di lavoro e denunciare gli effetti negativi delle vendite online, che stanno provocando la distruzione della vendita al dettaglio.

Parlando con l’Associated Press, la leader sindacale Angeles Rodríguez Bonillo ha dichiarato che la condizione degli impiegati presso i punti vendita è ormai insostenibile, “con la situazione economica e l’alto costo della vita”, dopo aver vissuto con “salari congelati per molti, molti anni”. Le trattative tra la dirigenza di H&M e i sindacati spagnoli Ugt e Ccoo sono durate mesi, senza successo. Il dialogo si è interrotto lo scorso 19 giugno, anticipando una serie di scioperi iniziati il 20 giugno, peraltro in pieno periodo di saldi, e ora annunciati anche per i primi due sabati di luglio. Rodríguez Bonillo ha dichiarato che da questa settimana verranno avviati gli sforzi di mediazione.

La questione è stata portata a livello europeo da Uni Europa, il sindacato europeo dei lavoratori dei servizi, che ha riconosciuto un “problematico cambiamento di atteggiamento di H&M verso contratti più precari e part-time nei negozi più grandi che ricevono anche ordini online. Questa mossa della direzione in Spagna” – ha proseguito Oliver Roethig, segretario regionale di Uni Europa – “non è un esempio isolato. Anche in Svezia, paese d’origine dell’azienda, i lavoratori vengono spinti verso la precarietà dei contratti a zero ore“.

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