di Ilaria Muggianu Scano

“Il male generato dai comandi militari di questo Paese deve essere fermato”, così Yevgeny Prigozhin sostanzia la tensione a cui dà fiato venerdì 23 giugno su Telegram, attraverso una serie di contenuti audiovisivi. Per il capo del gruppo Wagner l’invasione in Ucraina è basata su menzogne e l’attacco dell’esercito russo a un accampamento Wagner è incontrovertibile sintomo di corruzione, l’ennesimo ad opera del Ministero della Difesa di Sergei Shoigu. È poco meno che guerra civile. Prigozhin è più volte intervenuto per evidenziare quanto l’unico intervento significativo in grado di contribuire concretamente allo sforzo militare delle truppe russe in Ucraina sia quello del suo gruppo.

La risposta del governo russo: l’automatismo che ci si aspetta. Riunito il Comitato nazionale antiterrorismo procede contro il sobillamento di Pigrozhin alla rivolta armata. Stemma con il teschio e Kalashnikov, il gruppo Wagner è ora in marcia verso Mosca. Gli ex mercenari del Cremlino sono auto investiti della missione di liberare il Paese dalla corruzione del Ministero della Difesa.

Ma chi è il Gruppo Wagner al centro della scena politica mondiale, in queste ultime ore? Noto anche come Chvk Vagner o Pmc Wagner, l’organizzazione paramilitare guidata Yevgeny Pigrozhin è un assortimento vario di mercenari, ex membri delle forze armate sovietiche e russe, che nel tempo è stato al servizio degli interessi esteri del Cremlino. La compagnia militare privata è stata fondata nel 2014 dall’ex colonnello delle forze speciali russe Dmitriy Valeryevich Utkin, cinquantenne di origine ucraina. Il dialogo del gruppo Wagner è da subito con i maggiori potentati russi, Vladimir Putin e Yeugeny Prigozhin, finanziatore plenipotenziario e talmente vicino a Putin da essere definito lo “chef del Cremlino”. Qualcosa si è incrinato. Cosa vuole il tycoon Prigozhin?

Non è un mistero il conflitto intestino, negli ultimi mesi, ma certo non era previsto nell’immediatezza, certamente non a livello di un intervento di conflitto civile. Ma i prodromi non sono difficili da individuare e trovano concrezione in quella che potrebbe essere ravvisabile come difesa legittima dai sistemi di Sergei Shoigu. Il motto di Pigrozhin è uno solo «Mordere prima di essere morsi», sfruttare ogni vantaggio e privilegio economico per accendere un margine di dialogo. La legge della giungla. l’applicazione logistica ne è ovvia conseguenza: l’avanzata verso Mosca, con tappa a Rostov, sul Don, è la strategia certa di non farsi aggredire da Mosca, è uno scalo fondamentale per le azioni in Ucraina. Nessun attacco autolesionista, dunque, nella blindatissima Rostov.

La versione ufficiale della fedeltà a Putin non è difficile da giustificare al Paese, il gruppo Wagner ha sempre combattuto al fianco di Putin e l’obiettivo di disarcionare Shoigu non appare meno che “filantropico”, al popolo. Il ministero degli Esteri, MFA Russia, intanto prende la parola per ammonire i malintenzionati: “Mettiamo in guardia i Paesi occidentali dall’intraprendere tentativi di utilizzare la situazione interna russa per raggiungere i loro obiettivi russofobi. Tali sarebbero futili e non troveranno risonanza né in Russia né tra forze politiche ragionevoli all’estero”. E Zelensky? “Chiunque scelga la via del male distrugge se stesso”, anticipa in un lungo post su Twitter.

In un difficilmente credibile appello, Putin invita i mercenari a un ripensamento, con la promessa solenne di nessuna ritorsione: “Stiamo combattendo per la vita e la sicurezza del nostro popolo. Occorre rimanere uniti ed eliminare ogni differenza. Difenderemo lo Stato da ogni tradimento interno”. Una captatio benevolentiae che non si sentiva dai tempi di Paolo di Tarso. “Il male generato dai comandi militari di questo Paese deve essere fermato”, così Yevgeny Prigozhin sostanzia la tensione a cui dà fiato venerdì 23 giugno su Telegram, attraverso una serie di contenuti audiovisivi. Il sole è ancora alto.

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