Il gip Antonio Battaglia lo ha definito “un diffuso sistema clientelare, al centro del quale si pone la figura di Enzo Sculco, soggetto da tempo implicato nelle dinamiche politico affaristiche della città di Crotone ed in grado di influenzare le istituzioni e di eterodirezionare i finanziamenti verso un gruppo di potere privo di scrupoli”. Storico consigliere regionale della Calabria, già condannato in via definitiva per concussione, Enzo Sculco è senza dubbio il politico forte in provincia di Crotone. Leader dei “Demokratici” (la sua formazione politica), è finito ai domiciliari mentre la figlia Flora Sculco (anche lei ex consigliere regionale) è indagata insieme a una lunga lista di politici calabresi del Pd come l’ex governatore Mario Oliverio, l’ex assessore e deputato Nicola Adamo e l’ex consigliere regionale Sebi Romeo.
Con l’inchiesta del Ros, la Dda di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri ha provocato un terremoto giudiziario facendo luce su un’associazione a delinquere aggravata dalla modalità mafiose. Un comitato d’affari che gestiva tutto: dagli appalti agli incarichi passando per i pacchetti di voti che, in provincia di Crotone, erano prerogativa di Enzo Sculco. Secondo i carabinieri, infatti, il sodalizio criminale era finalizzato a commettere una “serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione, in particolare tra l’altro delitti di turbata libertà d’incanti, turbata libertà di scelta del contraente, corruzione, abuso di ufficio, nonché reati elettorali”.
L’accordo “politico/affaristico”- Mario Oliverio, Nicola Adamo ed Enzo Sculco. Sono loro, secondo i pm, i promotori dell’associazione a delinquere che ha stretto “l’accordo politico/affaristico”. In particolare, l’ex governatore della Calabria, “esponente di punta del Pd e di concerto con Nicola Adamo, dava impulso per la effettuazione di riunioni programmatiche e strategiche, volte a creare e mantenere alleanze di natura elettorale, mediante accordi sui territori con esponenti di punta di movimenti e partiti politici, con i quali concordare le modalità di rastrellamento di voti, anche attraverso il ricorso a nomine, assunzioni clientelari, appalti da affidare a imprese che avrebbero garantito un ritorno elettorale, nonché si premurava di fornire liste di soggetti da assumere, con modalità squisitamente clientelari, a Giancarlo Devona”. Quest’ultimo, finito ai domiciliari, è un esponente del Pd crotonese che a un certo punto, è diventato segretario particolare dell’ex presidente della giunta Mario Oliverio e fungeva da interfaccia tra Sculco, da una parte, e l’ex governatore e Adamo dall’altra. Nonostante da anni non ricopra di incarichi istituzionali, l’ex consigliere regionale ed ex deputato Adamo è l’uomo buono per tutte le stagioni: “Soggetto molto vicino a Oliverio”, per i pm, si muoveva “anche al fine di assicurare l’appoggio, in chiave elettorale, in favore della moglie Enza Bruno Bossio”, l’ex deputata del Pd non eletta alle ultime politiche del 2022.
Una “sequela indeterminata di reati” – Nel corso delle indagini, i carabinieri hanno monitorato una serie di riunioni tenutesi in uffici riservati della Regione e incontri conviviali tra gli indagati che “elaboravano e attuavano – si legge nel capo di imputazione – il seguente accordo: Vincenzo Sculco, leader della formazione politica i DemoKratici, personaggio influente sul territorio della provincia di Crotone, avrebbe appoggiato la formazione politica riconducibile a Mario Oliverio, presidente della Giunta Regionale della Calabria (dal 9 dicembre 2014 al febbraio 2020), facendo convogliare un consistente pacchetto di voti da attingere dal proprio bacino elettorale, in occasione delle elezioni regionali da effettuarsi tra il 2019/2020, in cambio dell’appoggio della candidatura di Flora Sculco, figlia di Vincenzo, che si sarebbe candidata quale consigliere regionale; allo stesso modo, Sebi Romeo, consigliere regionale di Reggio Calabria avrebbe anch’egli sostenuto Oliverio”. Secondo il procuratore Gratteri e i suoi pm, “detto accordo comportava, nel dettaglio, al di là dell’apparentamento politico, la commissione di una sequela indeterminata di reati funzionali ad accrescere il peso specifico elettorale, attraverso incarichi fiduciari, nomine e assunzioni, di matrice esclusivamente clientelare, in enti pubblici, nella prospettiva di ottenere il voto, nonché affidando appalti anche a imprese i cui titolari avrebbero assicurato l’appoggio elettorale”.
“Nomine come un grimaldello clientelare” – Dall’inchiesta è emerso che gli indagati erano interessati alla “problematica del sistema di bonifica da avviare per i rifiuti della zona ex Pertusola, preoccupandosi di individuare le soluzioni migliori, ma sempre con lo specifico fine di incanalare le risorse finanziarie verso i loro imprenditori di riferimento” come i Vrenna, “titolari di una discarica – si legge nell’ordinanza – che si sarebbe potuta utilizzare per lo smaltimento dei rifiuti della ex Pertusola, anche concedendogli il raddoppio della concessione”. Appalti nel settore dei rifiuti ma anche consulenze all’Aterp e la “penetrazione nel Comune di Crotone” dove Sculco condizionava non solo gli appalti pubblici (stabilendo “gli affidamenti diretti a imprese gradite”) ma pure che Giuseppe Germinara, finito ai domiciliari, dovesse essere “designato, con incarico fiduciario, al settore Lavori pubblici, nonostante ci fosse una regolare vincitrice di concorso”. Per non parlare della società partecipata “Crotone Sviluppo Spa dove Sculco ha piazzaro sia il direttore generale che quello amministrativo”. L’indagine del Ros, inoltre, ha dimostrato pure il condizionamento dell’Asp di Crotone. “Un altro ente – scrive il gip – funzionale agli scopi elettorali di Sculco, ma anche dell’Oliverio, impegnato nel tentativo di ricandidatura alla presidenza della Regione, è l’azienda sanitaria di Crotone, le cui nomine dirigenziali vengono utilizzate come grimaldello clientelare utile in chiave di ritorno elettorale, ma anche per incidere sugli appalti e sui contratti con gli operatori commerciali del settore”.
Il modus operandi e la “sistematicità dei comportamenti” – Per i magistrati, “si assiste a un modus operandi collaudato volto a condizionare le nomine di un ente pubblico, qual è l’Asp di Crotone, per un duplice scopo: ritrarre vantaggi legati agli effetti delle clientele sui possibili scenari elettorali, in particolare le elezioni regionali e comunali, e incidere sugli appalti commissionati disponendo Sculco e Devona di figure professionali loro devote, in grado di indirizzare al meglio i suddetti contratti con operatori imprenditoriali”. Anche in questo caso, per Oliverio, l’accordo politico a Crotone passava attraverso Enzo Sculco che “aveva interesse a manifestare la sua ‘signoria’ politico amministrativa sulla provincia crotonese”. Il controllo era totale e ha registrato anche l’allontanamento dell’allora direttore generale Sergio Arena, “persona sgradita a Sculco” per sostituirla con un altro manager. Il leader dei Demokratici decideva tutto, dal direttore amministrativo al primario di “Igiene e sanità pubblica” dell’ospedale di Crotone passando per “selettore del personale” da assumere e al quale “chiedere il voto in favore di Flora Sculco per le successive elezioni regionali, nella lista di centrosinistra con la quale Mario Oliverio aveva in animo di candidarsi, prima della designazione di altro candidato a presidente della Regione, da parte del Pd, e la rinuncia di quest’ultimo alla competizione”. Nel motivare le esigenze cautelari, il gip Battaglia è impietoso e sottolinea la “sistematicità dei comportamenti, mantenuti ad ampio raggio in tutti i settori nevralgici degli enti pubblici crotonesi, da soggetti in gran parte ancora attivi nei ruoli chiave della pubblica amministrazione degli enti interessati”. Secondo i magistrati, non ci sono dubbi: “L’organizzazione si caratterizza per essere estremamente pervicace e particolarmente penetrativa nei gangli vitali della pubblica amministrazione. I componenti l’organizzazione, infatti, per quanto non tutti all’epoca dei fatti ricoprenti incarichi istituzionali o amministrativi attivi, hanno mostrato di disporre di una inaudita rete relazionale in grado di incidere quanto mai sulla pubblica amministrazione”.
Indagato anche ex europarlamentare Pd – Nell’inchiesta è indagato anche l’ex europarlamentare del Pd Massimo Paolucci che si era ripresentato alle elezioni del maggio 2019. In campagna elettorale era stato sostenuto dall’ex assessore Antonella Rizzo (anche lei indagata) che il mese prima del voto lo ha accompagnato nella sede della “Ecosystem” a Lamezia Terme. “Sicuramente Massimo – sono le parole della Rizzo – può essere un facilitatore anche dal punto di vista normativo, anche perché non chiederemo mai nient’altro a Massimo, però dal punto di vista normativo sicuramente può essere un facilitatore”. Per i pm, Paolucci “offriva utilità quale tornaconto per il voto che in quella circostanza gli veniva promesso dai soggetti incardinati nel settore dei rifiuti, i quali nell’occasione garantivano pacchetti di voti anche di propri dipendenti per il Paolucci medesimo”. Se questa è la politica finita nella rete della Dda di Catanzaro, sul fronte ‘ndranghetista l’inchiesta del Ros ha ricostruito gli assetti, i rapporti politici e imprenditoriali e le dinamiche criminali della locale di Papanice, in provincia di Crotone, territorio della cosca Megna. In carcere, infatti, è finito il boss Domenico Megna, ritenuto il mandante dell’omicidio di Salvatore Sarcone, commesso per riaffermare la propria supremazia all’indomani della sua scarcerazione. Un delitto consumato il 9 settembre 2014 quando i killer hanno attirato la vittima in una trappola e le hanno sparato 2 colpi di pistola in testa.