Mafie

“Le foto delle videochiamate pubblicate su TikTok: così dal carcere il boss aveva nominato il figlio reggente del clan mafioso”

“Ho sopportato cose nella mia vita che altri non sono stati capaci di sopportare, io invece sì, da solo… senza mai chiedere aiuto a nessuno… e la mia storia parla anche per questo! Io spugna non ne ho buttato mai…”. Così parla dal carcere, Salvino Sorrentino. È il boss del Villaggio di Santa Rosalia, un quartiere a ridosso del centro di Palermo, che comprende Università e Policlinico. Un quartiere che è una “enclave mafìosa dotata di autonomo potere e capace di dispiegare una forte influenza in tutto il mandamento di Pagliarelli”, come la definisce il gip Walter Torturici. Nonostante sia confinato a Rebibbia dal 2018, Sorrentino continua a gestire il suo mandamento, come hanno svelato le indagini del nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo diretto da colonnello Gianluca Angelini. Una gestione capillare di un intero quartiere e di tutte le attività commerciali al suo interno.

Dal carcere Sorrentino investe il figlio Vincenzo, appena ventenne, della reggenza del mandamento. Il messaggio dell’investitura passa su Tik Tok, dove Vincenzo mostra una foto del padre: è in salute, sempre presente e la foto è il messaggio per gli affiliati che Vincenzo svolgerà le attività per conto del padre. Ma nonostante i messaggi la gestione va avanti a fatica. Reperire soldi è complicato e i Sorrentino sembrano perdere sempre più potere. La situazione cambia il 9 settembre del 2020, quando in video chiamata Sorrentino nomina Leonardo Marino, ponendolo al fianco del figlio. Sorrentino in video porta le braccia a sé: “Le lenze”, dice per accompagnare il gesto e indicare a Marino che deve “prendere in mano le redini”. Così il lockdown dovuto al Covid è una svolta anche per la gestione del clan da parte dei detenuti mafiosi. A chi è in carcere è permesso infatti di mantenere i rapporti con i familiari in video chiamata, visto che le visite vengono sospese per le restrizioni antivirus. È questa l’occasione per farsi vedere, per mostrarsi ai suoi sodali e impartire gli ordini dal carcere. E così in video chiamata torna anche la gestualità mafiosa: collegato col carcere di Rebibbia, Marino porta la mano alla bocca e bacia l’anello. Un gesto eloquente, per affermare la sua appartenenza a Cosa Nostra. “Tu statti tranquillo”, lo rassicura Marino in video. E si scambiano un bacio “virtuale”, una sorta di bacia mano 2.0, che rilanciato dalla rete ha la sua efficacia da Rebibbia al quartiere palermitano. Perfino per gestire i movimenti degli ambulanti: “Si sta spostando (un venditore di pane, ndr) più avanti… sempre nello stesso marciapiede”, lo avverte anche la moglie, Emanuela Lombardo. “Gliel’ha detto qualcuno?”. Da Ballarò a Corso Tukory, a via Ernesto Basile, d’altronde, tutte le postazioni ambulanti di pane sono gestite dalla famiglia mafiosa di Villaggio Santa Rosalia. Ambulanti, commercianti, prestanome che in cambio ricevono qualcosa: “Glieli ho prestati e oggi me li ridà … così i cristiani parlano buono, che sennò ti buttano solo bestemmie”, sottolinea in un’altra conversazione il giovane Vincenzo.

Una gestione tanto capillare che arriva anche ai “bar interni alle strutture universitarie palermitane”, come si legge dalla lunghissima ordinanza (più di 1800 pagine). Senza dimenticare l’intera gestione della vendita dei fiori nei pressi dei cimiteri, una rivendita che andava a favore di imprese ragusane, emanazione di esponenti mafiosi di quel territorio legati al clan stiddaro Carbonaro-Dominante di Vittoria. Una gestione favorita dalle videocall che diventano occasione per Salvino pure per veicolare i messaggi del boss Settimo Mineo. Come il 24 febbraio del 2021, quando parlando con Francesco Maniscalco – che interviene pur non essendo stato autorizzato al colloquio – gli chiede di sollecitare Raffaele Sasso, nipote di Mineo: “Raffaele viene a comprare il pane?” .”Sì, ogni tanto sì”. “Però glielo devi dire, cornuto che sei, le scarpe compragliele, così gli devi dire… lo stanno facendo morire”. Un messaggio chiaro per raccomandare che fosse mantenuta l’assistenza ai familiari dei detenuti. Le videocall diventano quindi una grande opportunità per i boss e Vincenzo si adopera per convocare gli altri mafiosi per conseguire “l’obiettivo di continuare a sottoporre al suo asfissiante giogo il territorio del Villaggio Santa Rosalia”. Le videocall hanno però anche dato il via alle indagini guidate dal procuratore aggiunto Paolo Guido con i sostituti Federica La Chioma e Dario Scaletta (oggi al Consiglio superiore della magistratura), che hanno portato nella notte tra il 26 e il 27 giugno a 26 arresti, più 6 misure interdittive, il sequestro di 7 attività commerciali e beni per 5 milioni di euro. Un’operazione che ha coinvolto 220 uomini della Guardia di finanza, e che ha reso evidente come “nonostante il progressivo indebolimento dell’associazione mafiosa palermitana – annota il gip – … Cosa Nostra costituisca ancora un’alternativa allo Stato efficace, facilmente accessibile e sempre attiva, alla quale i cittadini frequentemente ricorrono per far valere le proprie ragioni”.