Ricco parterre di ministri al decimo congresso della Confsal, sindacato autonomo che firma contratti collettivi con gabbie salariali e retribuzioni minime ben più basse rispetto a quelle dei ccnl principali. Tra gli altri c’era anche il titolare delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che ha elencato quelli che ritiene risultati del governo Meloni: “Le delegazioni internazionali si affollano a Palazzo Chigi, la Borsa di Milano è andata meglio di tutte le altre europee, lo spread si è ridotto, siamo cresciuti più di Usa, Giappone, Gran Bretagna, Francia e Germania, che purtroppo è in recessione”. E come mai? “Siamo cresciuti di più e meglio perché avendo abolito il reddito di cittadinanza nella prima parte di quest’anno sono stati creati mezzo milione di posti di lavoro a tempo indeterminato. Mezzo milione in tre mesi, perlopiù giovani e donne. E 40mila Neet hanno trovato lavoro tra quei 3 milioni di giovani che non studiano, non lavorano e non cercano lavoro”.
Secondo l’esponente di Fratelli d’Italia, dunque, esiste un rapporto causa effetto tra l’aumento degli occupati nel primo trimestre dell’anno e la riforma peggiorativa delle misure contro la povertà varata il Primo maggio, i cui effetti si faranno sentire sui percettori a partire da agosto mentre il rdc sarà davvero abolito nel 2024. Messa così è ovviamente un non senso. Si dirà però che lo stop al rdc era previsto già nella legge di Bilancio varata lo scorso dicembre, per cui chi temeva di restare senza sussidio potrebbe essersi reso disponibile ad accettare un posto che in precedenza aveva rifiutato. Conviene allora andare a guardare l’evoluzione dei dati Istat per capire se ci sia stato un “effetto annuncio”. La risposta è no: l’ultimo rapporto sul mercato del lavoro mostra che il primo trimestre 2023 è stato l’ottavo consecutivo in cui si è osservato un aumento tendenziale – cioè anno su anno – dell’occupazione (+2,3%).
La fase di ripresa dopo il crollo legato al Covid “è iniziata nel secondo trimestre 2021 con una crescita pari al 2,2%”, spiega l’istituto di statistica, “è proseguita a ritmi sostenuti tra il terzo 2021 e il secondo trimestre del 2022 (arrivando al 4,1% nel primo 2022), è rallentata nel terzo e quarto trimestre 2022 (non superando l’1,5%), per tornare al 2,3% nel primo trimestre 2023″. Morale: nel primo trimestre di quest’anno gli occupati sono cresciuti meno che nel primo e nel secondo trimestre dello scorso, prima dell’avvicendamento a Palazzo Chigi. Idem per il calo degli inattivi, un trend iniziato nel post pandemia e particolarmente pronunciato nel 2021. Quanto ai Neet, non è chiaro perché il ministro affermi che 40mila di loro hanno trovato lavoro nel primo trimestre. Il numero di occupati tra gli under 24 è in realtà cresciuto di più (+87mila rispetto al primo trimestre 2022) ma non è possibile dire quanti di loro facessero parte fino all’assunzione delle fila dei non occupati né inseriti in percorsi formativi. Quella cifra – 40mila – compare in compenso nella relazione tecnica del decreto Lavoro come stima del numero di Neet che dovrebbero essere assunti con contratto stabile o di apprendistato grazie ai soliti incentivi per l’occupazione giovanile: una previsione, non un dato acquisito.