Sono rimasti ufficialmente silenti dopo la tentata rivolta di Prigozhin, che il 24 giugno ha tenuto la Russia e non solo col fiato sospeso, mentre aleggiava il rischio di una guerra civile. Quello che però le elite di Mosca e gli oligarchi pensano del capo della Wagner è che sia un radicale estremista e che certamente, a differenza di alcune ipotesi circolate sui media dopo il tentato golpe, non ci sono loro dietro la sua marcia sulla capitale russa, che è stata una sua iniziativa. Ma allo stesso tempo gli oligarchi, constatata la debolezza di Putin dopo la sua azione, cercheranno di convincerlo a scegliere un successore, in modo che loro stessi e il Paese vengano sollevati dalle sanzioni e da una guerra di cui non si profila nessuna fine all’orizzonte. Abbas Gallyamov, politologo e stratega politico russo, ghostwriter di Vladimir Putin dal 2008 al 2010, formula questa analisi su quanto accaduto nei giorni scorsi. Sin dall’inizio dell’invasione in Ucraina Gallyamov si è espresso apertamente contro la guerra e ha lasciato il Paese e in Russia è classificato come “agente straniero”, perseguito in un procedimento penale per avere dichiarato il falso sulle forze armate ed è ricercato dal Ministero degli affari interni della Federazione Russa.
Tra le tante ricostruzioni emerse sulla rivolta dei mercenari della Wagner, c’è anche chi ipotizza che qualcuno dei rappresentanti dell’élite del Cremlino possa avere avuto un ruolo per scatenare Prigozhin. È plausibile?
Credo che, molto probabilmente, qualcuno abbia cercato di usare Prigozhin per i propri scopi incitandolo a un’escalation e screditando così, agli occhi di Putin, coloro che erano responsabili di poterlo controllare. Per esempio, alcuni gruppi di forze di sicurezza come l’FSB sognavano probabilmente di rimuovere Shoigu, e qualcuno voleva far fuori il segretario del Consiglio di sicurezza russo Patrushev. Il risultato è stato raggiunto: entrambi sono stati radicalmente indeboliti. Perché questo è principalmente il loro fallimento: erano loro che avrebbero dovuto tenere sotto controllo la situazione, ma non hanno prevenuto la ribellione né l’hanno fermata. Il risultato è stato un imbarazzo totale. Ma anche se qualcuno avesse istigato Prigozhin, non poteva essere più di una spinta, e sicuramente non si è trattato di una iniziativa eterodiretta. Prigozhin non ha seguito la volontà di nessuno, ha combinato tutto questo da solo. Non aveva un piano, ha agito nel sussulto di emozioni e sperando di cambiare la situazione. Negli ultimi mesi, man mano che Prigozhin realizzava che il sistema non rispondeva alle sue sollecitazioni, i suoi attacchi sono diventati sempre più radicali. È una persona determinata che non vuole adeguarsi a tutti i costi, a differenza della maggior parte delle élite intorno a Putin. Quindi ha cercato di scardinare la situazione, di far funzionare il sistema in modo più efficiente. Non ci riusciva e diventava sempre più disperato. Qualcuno lo ha incoraggiato, evidentemente. Ma penso che quando la situazione si è spinta oltre, anche quelli che lo incitavano si siano spaventati.
Ci sono state segnalazioni secondo cui gli oligarchi Vladimir Potanin, che Forbes include tra le persone più ricche del mondo, e Arkady Rotenberg (comproprietario della più grande società di costruzioni di gasdotti e linee elettriche in Russia) così come il ministro dell’industria e del commercio Denis Manturov hanno lasciato Mosca sui loro jet durante l’avanzata poi interrotta di Prigozhin. Questi gesti sono interpretati come un tradimento?
Dipende di chi parliamo. Se gli uomini d’affari se ne vanno, allora sono fatti loro, non importa a nessuno. Quanto a Manturov, questo non lo rafforzerà sicuramente, ma non lo indebolirà nemmeno di molto: dopotutto, non è suo compito occuparsi di Prigozhin. E poi, nei fine settimana vola sempre da qualche parte per vacanza, lo sanno tutti. Un’altra cosa sarebbe se fosse scappato qualcuno delle forze di sicurezza o qualche funzionario che avrebbe dovuto essere sul posto di lavoro: questo sarebbe considerato come diserzione.
Come può descrivere l’atteggiamento generale delle élite russe nei confronti di Prigozhin?
In generale negativo. Per loro è troppo radicale. Per le più alte sfere del potere (fratelli Kovalchuk, fratelli Rotenberg, Gennady Timchenko, Sergei Chemezov, Nikolai Tokarev, Sergei Sobyanin, Mikhail Mishustin, Nikolai Patrushev, ecc.) è un arrivista che sta diventando pericoloso. Per chi si colloca su livelli più bassi è un vero e proprio estremista radicale. Ma le élite del Cremlino sono fatte così: potresti anche non piacergli, ma se vedono che non possono sbarazzarsi di te si adatteranno, interagiranno con te e persino staranno al tuo gioco. Prigozhin li spaventava ma questo non significa che non avesse interagito con loro. E lo fa tuttora.
E per quanto riguarda l’atteggiamento verso Putin, ora che la sua leadership è indebolita?
Secondo me si renderanno conto che la fine è vicina. Non si può andare sempre con la corrente, bisogna fare qualcosa. Penso che cercheranno di convincere Putin ad abbandonare l’idea di restare per un altro mandato. Lo persuaderanno a nominare una sorta di successore, in modo che inizi già a scaricare il sistema che è ovviamente sottoposto a pressioni colossali. Prima di tutto, bisogna fermare la guerra e concordare la revoca o almeno l’alleggerimento delle sanzioni, cioè cominciare a normalizzare la vita nel Paese.
Secondo lei, i rappresentanti delle élite avrebbero potuto contribuire alla ribellione di Prigozhin per cercare di avvicinare la fine della guerra?
No, non ci credo. Le élite russe non giocano a livello così globale.
Nel suo blog chiede alle élite: “Considerate il sistema esclusivamente di Putin o anche vostro? Pensate che Putin abbia il diritto di rovinarlo completamente?”. Come pensa che possano rispondere?
Purtroppo non sono abituati a pensare in grande. Sono abituati al fatto che se ne occupi Putin mentre il loro compito è su scala ridotta. Non sono strateghi, eseguono semplicemente gli ordini, e allo stesso tempo non dimenticano se stessi: da quei flussi finanziari che controllano, una parte la destinano a loro stessi. Sto appunto dicendo loro che è ora di pensare al futuro. Putin ha finito di svolgere la sua funzione di stratega. Sta guidando il Paese nel posto sbagliato. E non crollerà solo Putin, ma anche loro. Vediamo se mi ascolteranno.