Se fare attività fisica è uno dei fondamenti per mantenersi in salute, farne troppa, come tutti gli eccessi che riguardano anche le cose in partenza salubri, può provocare seri problemi. Un gruppo di ricercatori ha pubblicato recentemente uno studio sul Clinical Journal of Sport Medicine (The Afletes Study: Atrial Fibrillation in Veteran Athletes and the Risk of Stroke) in cui ha indagato la salute di quasi mille corridori, ciclisti e triatleti. Dall’analisi dei dati è emerso che anni di allenamento intenso, di resistenza e gare possono contribuire ad aumentare lo sviluppo, soprattutto negli uomini, di fibrillazione atriale rispetto alla popolazione generale. I ricercatori hanno somministrato un sondaggio internazionale online a persone che svolgevano attività agonistica, la cui età media era di 52 anni e l’84% era di sesso maschile. Gli autori hanno sottolineato anche un altro elemento molto delicato: gli atleti di resistenza con più anni di attività che sviluppano fibrillazione possono avere un rischio maggiore di ictus.
Che cos’è? Quando si parla di fibrillazione atriale si fa riferimento a un tipo di artimia, ossia “Quando il cuore non batte con uno stesso ritmo ma con ritmi che cambiano in continuazione”, ci spiega il professor Antonio Rebuzzi, docente di Cardiologia all’Università Cattolica di Roma. “In caso di fibrillazione atriale, quindi, la frequenza cardiaca non è la stessa ma variabile. Ciò dipende soprattutto da un’alterazione degli atri, come indica il nome della patologia. Se però il cuore batte in maniera asincrona la contrattilità dell’atrio si riduce in modo notevolmente, con il rischio di formazione di coaguli di sangue nelle pareti dell’atrio. Che è l’anticamera per la manifestazione di un ictus: le prime arterie che partono dall’aorta sono le carotidi, la via più facile per arrivare al cervello”.
Professor Rebuzzi, perché questo può succedere in chi pratica molto sport?
“Quando si pratica un’attività agonistica in modo esagerato, si costringe il cuore a portare più volume di sangue in circolo, perché si ha bisogno di maggiore ossigenazione; il cuore quindi si adatta a questa situazione aumentando la frequenza cardiaca e, nel tempo, le sue dimensioni. Il cuore di un atleta è di fatto un cuore più grande”.
Qual è l’elemento più critico di questa condizione anatomica?
“Nelle fasi acute della performance atletica si ha maggiore produzione di marker infiammatori, come la proteina c-reattiva e l’interleuchina-6. L’aumento delle dimensioni del cuore porta a un rimodellamento dell’atrio e conseguente formazione di fibrosi – che si sostituiscono a quelle muscolari – con la possibilità di favorire un’aritmia. Da precisare che, con l’avanzare dell’età, aumenta per tutti la fibrosi del cuore, ma negli sportivi questo fenomeno può provocare problemi maggiori. E ciò viene confermato anche da questo studio in cui coloro che avevano fibrillazione atriale erano anche persone con più alte performance sportive, che spingevano al massimo i marker infiammatori”.
I segnali di allarme?
“Partiamo da questo dato. In chi fa molto sport, il cuore opera un adattamento abbassando la frequenza cardiaca. Soprattutto chi fa ciclismo, maratone presenta una frequenza cardiaca più bassa della media delle persone. L’idea che mi sono fatta leggendo la ricerca è che le persone che sono state analizzate presentano una frequenza bassa e un volume di cuore più grande…”.
Quindi?
“Qual è il primo segnale di una fibrillazione atriale? Per una persona normale è la sensazione di aumento notevole della frequenza cardiaca, per esempio da 70 a 140 battiti al minuto; negli atleti che partono da frequenze più basse questa sensazione è molto meno avvertita. Tanto è vero che quasi l’80% delle persone che nello studio ha avuto episodi di fibrillazione atriale se n’è accorta dopo avere avuto un ictus: Probabilmente questa aritmia era già presente da molto tempo, ma non era stata rilevata!”.
Come si diagnostica una fibrillazione atriale?
“La diagnosi si basa sulla registrazione dell’aritmia all’elettrocardiogramma. L’aritmia può essere stabilmente presente e si definisce ‘forma permanente’; oppure interrompersi sia spontaneamente (forma parossistica) sia a seguito di un trattamento (forma persistente) con farmaci antiaritmici o con la cardioversione elettrica, una scossa elettrica che si dà sul torace”.
Chi soffre di fibrillazione atriale può continuare a fare attività fisica?
“Prima di tutto consiglio a chi ha superato i 50 anni, di evitare sport agonistici. Sono contro per esempio a quelli che partecipano ai master, perché sottopongono il cuore a sforzi che non sono più adatti a loro. Mentre chi è giovane può beneficiare di un cuore elastico e che quindi può adattarsi agli sforzi di un’attività sportiva ‘rimodellandosi’, negli anziani questa elasticità è ben più ridotta e il cuore può andare incontro più facilmente a un’aritmia. Insomma, sono dell’idea che ogni sport ha la sua età. Che gli anziani si diano piuttosto al golf!”.
Consigli invece per chi ha l’età per cominciare uno sport?
“È fondamentale una visita approfondita dal cardiologo per verificare varie possibili criticità. Per esempio:
– se ci sono già delle aritmie di base;
– se sono presenti malformazioni valvolari, come la stenosi aortica o insufficienza mitralica che possono peggiorare con un’attività agonistica.
Escluse queste problematiche, è importante continuare a monitorarsi, anche servendosi di smartwatch che, seppur non precisissimi, possono segnalare un’aritmia che eventualmente andrà approfondita con altre analisi cliniche. E poi, è bene controllare frequentemente la pressione; e se la frequenza cardiaca rallenta, eseguire un ecg per verificare la presenza di aritmie”.
E se una persona scopre di soffrire di fibrillazione atriale, che attività può fare?
“Può scegliere attività in cui non si preveda contrasto con altre persone o rischi di traumi. Il motivo è legato ai farmaci anticoagulanti che una persona che soffre di fibrillazione atriale deve assumere per sciogliere il sangue e impedire la formazione di trombi. Per esempio, se andando in bici o in un contrasto di gioco prendi una ‘botta’, con un anticoagulante rischi che si formi un ematoma al cervello; oppure se giochi a rugby, perché qualsiasi frattura può diventare un grosso problema, perché si rischia un’emorragia. Vanno bene invece corsa, canottaggio, tennis…”.
E golf.
“Esattamente!”.