L’inflazione frena in giugno, con prezzi che restano invariati rispetto a maggio e che registrano un incremento medio del 6,4% sullo stesso mese del 2022. È la prima volta da due anni che i prezzi non salgono mese su mese. “A giugno – commenta l’Istat nella sua stima preliminare – l’inflazione mostra una netta decelerazione, in un quadro di stabilità dei prezzi al consumo sul piano congiunturale. Il rallentamento dell’inflazione continua a essere fortemente influenzato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici“. Giugno è stato caratterizzato da quotazioni di gas e petrolio sensibilmente ridotte rispetto all’anno prima. Rallenta però anche l’ “inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, che scende dal 6% al 5,6%. L’inflazione acquisita per il 2023 (ossia il valore che si avrebbe a fine anno in caso di variazioni nulle nei prossimi mesi) è stabile a +5,6% per l’indice generale, mentre sale a +4,9% per la componente di fondo. Un segnale deflazionistico arriva anche dai prezzi alla produzione che tendono ad anticipare le dinamiche di quelli al consumo. Sempre secondo l’Istat in maggio i prezzi alla produzione sono scesi del 2,3% rispetto ad aprile e del 4,3% rispetto all’anno prima.
Resta feroce, tuttavia, il carovita nel carrello della spesa. Il sotto indice Istat che include solo alimentari e prodotti per la cura della casa e della persona segna 10,7%. In calo dall’11,2% di maggio ma comunque su un valore che ha effetti importanti sulle tasche dei cittadini e che erode sensibilmente il potere di acquisto delle buste paga. I soli alimentari lavorati costavano in giugno l’11,9% in più di un anno prima. Ieri la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde ha ribadito come sinora l’inflazione sia riconducibile soprattutto alla decisione delle aziende di alzare i prezzi in misura più che proporzionale rispetto all’incremento dei costi. Un comportamento adottato anche approfittando dal disorientamento dei consumatori causato dal periodo del Cobid in cui si era assistito a dinamiche difficilmente decifrabili nelle dinamiche dei prezzi.
La presidente del Consiglio Meloni sposa però un’altra interpretazione della dinamica inflazionistica. “L’inflazione è tornata a colpire l’economia, è un’odiosa tassa occulta che colpisce soprattutto i meno abbienti. È giusto combatterla con decisione ma la semplicistica ricetta dell’aumento dei tassi intrapresa dalla Bce non appare agli occhi di molti la strada più corretta. L’aumento dei prezzi non è figlio di un’economia che cresce troppo velocemente ma di fattori endogeni, primo tra tutti la crisi energetica. Non si può non considerare il rischio che l’aumento costante dei tassi sia una cura più dannosa della malattia”, così la premier Giorgia Meloni nelle comunicazioni alla Camera in vista del Consiglio europeo. L’Italia è al momento uno dei paesi dell’area euro con l’inflazione più elevata, superiore a quella di Germania, Francia, Spagna e Grecia. “Quello che c’è da dire l’ho detto nelle sedi Ecofin ed Eurogruppo. Non è che c’è rischio recessione, in Germania è arrivata”. Così il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, interpellato alla Camera, ha risposto a chi gli chiedeva del rischio recessione in vista dei nuovi rialzi previsti dalla Bce.