I toni della motivazione sono durissimi, le accuse alla protagonista di Pechino pure: il Consiglio la ritiene lontana anni luce dai principi di “serietà e sobrietà” ai quali dovrebbe ispirarsi l’esercizio della professione
“Con i propri comportamenti nella vita privata, ha incrinato non solo la propria reputazione, ma ha gravemente compromesso l’immagine della professione forense”. È contenuta in cinquanta pagine la motivazione con la quale il Consiglio distrettuale di disciplina dell’Ordine di Torino ha sospeso per quindici mesi Alessandra Demichelis, l’avvocatessa diventata famosa prima grazie alla pagina Dc Legalshow – a causa della quale è partita la sospensione, motivata con il mancato rispetto del codice deontologico – poi con la partecipazione all’ultima edizione di Pechino Express. E se quindici mesi vi sembrano troppi, basta andare in fondo alla motivazione per dedurne che alla Demichelis è andata anche meglio del previsto: “Risulterebbe senz’altro giustificata una sanzione maggiore”, precisano i cinque giudici del Collegio, che ha attenuato i tempi della sospensione “per la giovane età e l’inesperienza e dall’assenza di precedenti disciplinari”.
I toni della motivazione sono durissimi, le accuse alla protagonista di Pechino pure: il Consiglio la ritiene lontana anni luce dai principi di “serietà e sobrietà” ai quali dovrebbe ispirarsi l’esercizio della professione, la accusano di essere “responsabile di accaparramento di clientela”, con “tecniche non lecite per farsi conoscere e per ricavare notorietà” e di essere arrivata a compromettere “in modo rilevantissimo l’immagine della professione forense”. Al centro della disamina c’è Dc Legalshow, la pagina Instagram nella quale la Demichelis e una collega, che si è poi sfilata quasi subito dal progetto, raccontavano la loro vita di avvocatesse in stile Sex and the city (tra abiti glam, lusso e borse firmate) ma in salsa sabauda. “Uno show che non si addice alla professione legale”, tuonano i cinque giudici, secondo i quali più che a Sex and the city l’avvocato si sarebbe ispirata alla serie tv Suits. Tra gli scatti incriminati, tre finiscono al centro dell’istruttoria. In una foto appare inginocchiata sotto la scrivania di un collega di studio, seduto a gambe aperte, “una foto davvero inqualificabile e svilente”; nella seconda la Demichelis appare in bagno, “in nudo quasi integrale” mentre nella terza – “un’immagine con pretenziosità erotiche” – viene ritratta da spalle, “a schiena nuda e con la toga reclinata all’altezza dei fianchi”. E proprio quest’ultimo scatto ha irritato i giudici che, come si legge, considerano la toga “simbolo in qualche misura, laicamente, sacrale per l’avvocatura”. Un disastro su tutta la linea per la Demichelis, accusata di egocentrismo, narcisismo oltre che di “sovraesposizione bulimica dell’immagine”. E lei come ha reagito alla sentenza? Per ora tace, ma aveva già detto di essere pronta a rivolgersi al Consiglio nazionale degli avvocati e, se necessario, arrivare fino in Cassazione per chiedere l’annullamento della sospensione.