Il Consiglio federale svizzero ha deciso oggi, sulla base della propria legislazione nazionale sulla neutralità, di vietare la riesportazione di circa un centinaio di carri armati Leopard 1 A5 in Ucraina. La notizia è stata riportata in giornata dalla testata ucraina Ukrainska Pravda.

Questi carri armati erano stati acquistati da Ruag, azienda svizzera produttrice di armamenti, dall’Italia nel 2016 al costo di 4,5 milioni di euro entrati nella casse di Agenzia Industrie Difesa, società controllata dal Ministero della Difesa. L’obiettivo del governo svizzero era quello di ristrutturarli per poi rivenderli o eventualmente utilizzarli come pezzi di ricambio. Con l’invasione russa dell’Ucraina hanno però riacquisito centralità e importanza strategica, viste le forti pressioni dell’amministrazione Biden e delle istituzioni europee sulla fornitura di armi a Kiev.

Secondo quanto si apprende, nell’aprile scorso Ruag ha avanzato alla Segreteria di Stato dell’economia svizzera (SECO) la propria richiesta di riesportazione dei carri armati Leopard in Germania. Nell’ipotesi emersa, su ordine svizzero questi carri armati avrebbero dovuto abbandonare il territorio italiano per finire in quello tedesco, dove sarebbero poi stati rimessi a nuovo per essere esportati in Ucraina. In questo senso è stata emblematica la frase pronunciata da Armin Papperger, amministratore delegato di Rheinmetall, azienda tedesca produttrice di armi che, rispondendo ad alcune domande relative alla questione poste da alcuni giornalisti svizzeri, disse: “Si sì, abbiamo comprato i Leopard 1, ma in Italia”.

Con la decisione di oggi, emerge in definitiva che la proprietà dei carri armati è al momento ancora svizzera nonostante essi siano ubicati in territorio italiano presso un deposito militare di Vercelli. La stessa Svizzera non sarebbe disposta a venderli per non violare la propria legge sull’equipaggiamento militare, che andrebbe a interrompere la storica linea di neutralità internazionale che caratterizza lo stato elvetico.

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