Molti commentatori, anche il sottoscritto, avevano avuto l’impressione che l’elevatissima inflazione attuale avesse qualcosa di anomalo. Peraltro, in questi ultimi tre anni la dinamica dei prezzi è stata altamente imprevedibile e capricciosa. I prezzi sono scesi con la pandemia, procurando una piccola deflazione, e poi il rimbalzo economico successivo, ma soprattutto lo sconvolgimento dei mercati internazionali provocato dal conflitto, hanno portato i prezzi a livelli mai visti da decenni. Ora che si è tornati alla normalità, almeno sotto il profilo dei costi energetici, anche l’inflazione avrebbe dovuto diminuire sensibilmente. Invece questo non è accaduto, e i prezzi si muovono sempre verso l’alto come seguendo una specie di bussola impazzita.
La ragione di questa inflazione anomala che non vuole ridursi è stata svelata con un’insolita chiarezza, e anche con un pizzico di coraggio, dall’avvocatessa Lagarde, Presidente della Bce. Affrontando direttamente il problema, e anche per giustificare la sua ostinazione nel tenere elevato il tasso di interesse, ha affermato che il perdurare dell’inflazione è colpa delle imprese che hanno approfittato del caos internazionale per incrementare i profitti, più propriamente potremmo parlare di extra-profitti. Non si tratta quindi della tradizionale inflazione da domanda, spinta cioè da un eccesso di spesa delle famiglie, e nemmeno di quella trainata dall’aumento dei costi dato, che i salari sono del tutto fermi, ma semplicemente da speculazione. Una spiegazione quasi di tipo marxista che mette al centro dell’inflazione il conflitto redistributivo tra salari e profitti.
Senza alcuna ragione economicamente plausibile, se non quella di approfittare di una situazione favorevole per loro, le imprese hanno portato a casa una bella fetta della ricchezza prodotta a spese di consumatori e lavoratori. Lagarde non poteva fare diversamente, peraltro, perché nel blog del Fondo Monetario Internazionale si poteva l’altro ieri leggere che: “rising corporate profits account for almost half the increase in Europe’s inflation over the past two years as companies increased prices by more than spiking costs of imported energy”. Questa affermazione lapidaria e autorevole non lascia spazi di interpretazione: l’inflazione attuale è ampiamente trainata dalla speculazione delle imprese che manovrano a piacimento i prezzi a spese dell’economia.
Curiosa però è stata la spiegazione offerta. A parere della Lagarde le imprese avrebbero approfittato del disorientamento dei consumatori. L’esperienza ci dice però che questa valutazione psicologica non coglie nel segno. Noi consumatori non siamo disorientati, ma semplicemente impotenti. Le imprese aumentano i prezzi in maniera arbitraria e sembra che nessuno possa farci niente. Anch’io nel mio piccolo ho sperimentato questo ipotetico disorientamento alla Lagarde quando a maggio, come ogni anno, sono andato in officina per il cambio delle gomme, da invernali ad estive. Qui ho avuto una brutta sorpresa. Il prezzo dell’anno scorso, e di quelli precedenti, era di 50 euro. Quest’anno è balzato a 70 euro con un incremento del 40%. Naturalmente mi sono lamentato contestando che l’incremento era quattro volte il tasso di inflazione, ma non è servito a nulla. Più che spaesato mi sono sentito sfruttato, e anche un po’ preso in giro perché il gestore poteva anche avvisarmi del cambio della politica aziendale. E questo è solo un piccolo aneddoto di una situazione più generale. Gestore disonesto allora? Un poco ma non troppo, perché l’inflazione funziona proprio così e alimenta i comportamenti opportunistici. Le ricerche ci dicono che chi aumenta i prezzi, non guarda solo al passato per recuperare terreno ma anticipa il futuro. Da qui la ben nota asimmetria dell’inflazione: i prezzi salgono rapidamente ma scendono molto lentamente.
Se l’inflazione di oggi è dovuta per metà all’ingordigia delle impese e dei lavoratori dei servizi, lo strumento usato dalla Lagarde, l’aumento del tasso di interesse, è quello appropriato per spegnere l’incendio in atto? Probabilmente no, anche se la Bce non ha molte altre frecce nella sua faretra. Ho l’impressione che il ragionamento della Lagarde sia il seguente: se oggi l’inflazione è molto elevata pur con i prezzi delle materie prime in calo e salari fermi, cosa succederà quando i contratti scadranno e i sindacati chiederanno robusti aumenti salariali? Cioè siamo in una fase in cui c’è un’ampia inflazione potenziale ma repressa, effetto dovuto alla compressione dei salari. Quando i contratti scadranno e i salari cominceranno a muoversi semplicemente per recuperare il loro potere di acquisto, qualcuno evocherà sicuramente la spirale prezzi-salari degli anni Settanta, dimenticandosi però di dire che la miccia è stata accesa dalla speculazione degli imprenditori.
Che oggi il mondo delle imprese protesti per l’aumento del tasso di interesse che può innescare una recessione è una circostanza abbastanza ipocrita. Il nesso causale va invertito: non è l’aumento del tasso di interesse che porterà alla recessione, ma è l’inflazione da profitti che porterà le autorità monetarie ad aumentare il tasso di interesse, aprendo così la strada al peggioramento dell’economia. Alla Lagarde per scongiurare il pericolo che l’inflazione repressa si trasformi in inflazione effettiva non rimane probabilmente altra strada preventiva che usare la clava tradizionale dell’aumento del tasso di interesse con le conseguenze del caso. Se l’attuale inflazione da profitti porterà alla recessione sarà un autogol per le imprese e un peggioramento per tutti.
Ci possono essere altre vie per ridurre l’inflazione anomala che abbiamo davanti? La via maestra potrebbe essere quella di una politica dei redditi che punti a far rientrare la dinamica dei prezzi attraverso un accordo tra i protagonisti della politica economica, cioè stato, imprese e sindacati. Qui però si sente in Italia la mancanza di figure autorevoli che possano portare avanti questo processo. Una figura di questo tipo, e che ebbe uno straordinario successo, fu a suo tempo Carlo Azelio Ciampi. Ora invece ci dobbiamo accontentare delle ridicole proteste dei ministri della Meloni che invece di affrontare il problema danno tutta la colpa alla Bce.
Per una volta anche la destra italiana potrebbe mostrare una vocazione da statista e non difendere, come di consueto e a spada tratta, gli interessi corporativi degli imprenditori che in questo caso sono esorbitanti, arbitrari ed ingiusti, e per lo più danneggiano l’interesse economico generale. Staremo a vedere. Intanto Lagarde ha messo un punto fermo e non evitabile sull’inflazione attuale ed i suoi rimedi.