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Russel Crowe in concerto, tra bicchieri di vino (rosso) e aneddoto della tarantola: ecco com’è andata (VIDEO)

Siamo dalle parti di un country pop che non cade anima e corpo nel rhythm and blues e nemmeno nel rock and roll. Insomma, Crowe, che fa il musico di secondo lavoro da quando si esibiva nelle strade di Sydney a vent’anni tipo Maneskin

di Davide Turrini

Vogliamo lo show. Vogliamo lo show. Così il pubblico della sala grande del Palace Hotel ne i Blues Brothers. Così l’atmosfera d’attesa nella sala del Comunale Nouveau di Bologna per ascoltare Russell Crowe con i suoi Gentlemen Barbers. E adesso Massimo Decimo Meridio che ci fa ascoltare? Intanto nell’Indoor Garden Party (cioè eravamo al chiuso in piena estate) canta e suona pezzi propri (sei più) e intona con grazia ed energia sincera celebri hit altrui (otto e mezzo). Siamo dalle parti di un country pop che non cade anima e corpo nel rhythm and blues e nemmeno nel rock and roll. Insomma, Crowe, che fa il musico di secondo lavoro da quando si esibiva nelle strade di Sydney a vent’anni tipo Maneskin, ma oggi con meno addominali scolpiti di David, è molto onesto e rigoroso. Non vuole accattivarsi il pubblico con l’aria universale del bluesman o soulman.

La star hollywoodiana 58enne se ne sta lì sul palco senza enfasi, abito scuro, all’inizio perfino con una mano in tasca molto confidenziale, asciugamanone sotto la batteria alle sue spalle assieme a calici di rosso puro (non rosè, rosso vero il 27 di giugno) che sorseggia tra un brano e l’altro. I barbieri di Russell, pure loro in giacca e camicia nera, gradevolmente amalgamati (soprattutto la tromba di Stewart Kirwan che sintetizza il controcanto di una intera sezione fiati) lo accompagnano senza accelerare troppo la ritmica per una scaletta di una quindicina di pezzi più un tris di bis (poi ci torniamo). Certo, Luca Ward gli ha dato un tocco di calore mediterraneo in più, ma Russell in originale ha voce piena, suadente, intrigante, e pure un’ugola buona. Crowe con i suo brani originali – Stand, Baby don’t be so unkind, Southampton – vuole come avvolgerti in un contesto rustico sentimentale basico quasi da abbraccio amoroso e fraterno (vedi la performance accompagnata al piano di Romeo and Juliet dei Dire Straits).

L’accelerazione ultra country arriva con Blackjack county chain di Willie Nelson, anche se poi l’esplorazione struggente del chiacchiericcio basso di Leonard Cohen in Take this waltz, Russell se lo fa tutto senza timori reverenziali, anzi trasmettendo anche un certo mood melanconico di qualità. Insomma, non si guarda l’orologio. Del resto Crowe si può permettere di entrare e uscire dal palco lasciando la scena alla sua corista principale o al figlio Charlie per un paio di brani e farsi un riposino; e poi rientrare per raccontare l’aneddoto della tarantola dove a un certo punto sembra davvero il Gladiatore che si appropria della scena. Per farla breve, nel film Rough Magic con Bridget Fonda nel 1994, a Russell viene mostrata una sceneggiatura con una scena da girare dove una tarantola gli cammina addosso e gli finisce in bocca. Ebbene, Crowe, ancora non popolarissimo accetta ma si ritrova vittima di dieci ciak con tarantola su petto, collo e viso e il giorno dopo con un’irritazione su tutto il corpo da ricovero. Il tizio che maneggiava i ragnetti per la produzione spiega all’attore che la tarantola si era molto eccitata proprio sessualmente e gli aveva rilasciato questi piccoli pelini che gli sono entrati nei pori della pelle facendolo diventare paonazzo.

Battuta di Crowe: “Io, un fottuto premio Oscar scopato da una tarantola?”. Stop. Titoli di coda. Anzi no. Il leader band riparte chiamando gli spettatori a sé per saltare e danzare. Solo che il Comunale Nouveau è lo spazio temporaneo dove il Comune di Bologna ha piazzato gli amanti della lirica orfani del Teatro Comunale. Quindi davanti a Crowe c’è la buca dell’orchestra (Russell amabile la definisce “un campo da golf”). Un po’ di adrenalina passa lo stesso e gli ultimi tre pezzi in scaletta fanno rumore. Mentre Folsom prison blues è da ovazione vera perché diventa una session di corde elettriche da buskers con Crowe che inforca una Grammer alla Johnny Cash. Last but not least: Crowe ha donato il ricavato del live bolognese – prodotto dalla Genoma Films di Paolo Rossi Pisu – alle vittime dell’alluvione dell’Emilia Romagna.

Foto di Walter Ciusa

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