“Meno male che mi avete arrestato, perché così mi avete salvato dalla tossicodipendenza e dai miei errori”: è questo, a grandi linee, quello che ha dichiarato mercoledì pomeriggio ai pm milanesi Alberto Genovese, interrogato per quasi tre ore in Procura nella seconda tranche dell’indagine a suo carico, che lo vede accusato di altre violenze sessuali. Abusi che secondo l’accusa sono stati realizzati mettendo in atto sempre lo stesso schema, cioè utilizzando diverse dosi di cocaina che induceva le vittime allo stordimento (fino a ridurle in stato di incoscienza) e le rendeva facili prede.
L’ex imprenditore digitale, che sta già scontando in carcere una condanna di quasi sette anni per due casi di violenza sessuale, detenzione e cessione di stupefacenti, è indagato per altri episodi di abuso su ulteriori due giovani, intralcio alla giustizia e detenzione di materiale pedopornografico (custodito nella cartella La Bibbia 3.0, in cui la Polizia postale trovò diverse immagini di minori): accusa, quest’ultima, che Genovese – a quanto pare – ha “lievemente” ammesso nel corso dell’interrogatorio di fronte alla procuratrice aggiunta di Milano Letizia Mannella e ai pm Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini.
La giustificazione che l’ex re delle start-up fornisce per le violenze, invece, è sempre la stessa: gli episodi, dice, si sono consumati in un contesto caratterizzato dall’abuso di alcol e droga, durante festini in cui tutti i presenti, ragazze comprese, si lasciavano andare ad eccessi, al punto che lui stesso, nelle condizioni di stordimento in cui versava, credeva che le giovani fossero consenzienti ai rapporti sessuali. Per quanto riguarda poi l’accusa di intralcio alla giustizia, secondo cui avrebbe elargito del denaro alla modella 18enne che lo denunciò per prima in cambio di una sua ritrattazione sugli abusi subiti, ha detto di aver versato quei soldi perché convinto di aver concordato una prestazione a pagamento, circostanza che però la giovane ha sempre smentito.
Adesso, a due anni e mezzo dall’arresto e dopo un periodo ai domiciliari trascorso in una comunità terapeutica per disintossicarsi, il proprietario del superattico Terrazza Sentimento ha ribadito più volte ai magistrati di stare meglio e di essersi curato, riuscendo – a fatica – ad uscire dal tunnel della tossicodipendenza: nel carcere di Bollate, dove è stato trasferito quattro mesi fa, Genovese segue infatti tutte le attività organizzate dall’istituto penitenziario. Intanto, dopo la chiusura della nuova tranche di indagini e l’interrogatorio, la Procura a breve chiederà il rinvio a giudizio nel procedimento che vede indagati per violenze sessuali anche il suo ex braccio destro Daniele Leali e la sua ex fidanzata Sarah Borruso.