Il decreto lavoro varato dal Consiglio dei ministri lo scorso primo maggio diventa legge con l’approvazione finale alla Camera dove il governo ha incassato la fiducia. Tra le novità principali c’è la riforma delle misure di contrasto alla povertà che cancella definitivamente il Reddito di cittadinanza introdotto dal primo governo Conte nel 2019 per sostituirlo con l’Assegno di inclusione, Adi, che entrerà in vigore il primo gennaio 2024 per tutti i nuclei con un Isee entro i 9.360 euro (identico a quello del Rdc) e almeno un minore, un disabile o una persona over 60 tra i componenti. E’ infatti questa la principale novità, la sostituzione del criterio universalistico con uno categoriale che seleziona i beneficiari in base all’età e ai requisiti familiari. A quanti rimarranno esclusi, i cosiddetti “occupabili”, è dedicata l’indennità dello Strumento per la formazione e il lavoro. Prima dell’approvazione finale, il testo del governo era stato emendato in Senato, con alcune novità sui destinatari dell’Assegno di inclusione e del Supporto formazione e lavoro, sulla scala di equivalenza per il calcolo del sussidio e sui termini dell’offerta “congrua” di lavoro.
Occupabili e no, la povertà secondo il governo Meloni – A parità di requisiti Isee, per accedere al nuovo Reddito il nucleo dovrà comprendere almeno un componente fragile. Oltre a minori, disabili e over 60, un emendamento della maggioranza ha esteso il requisito anche ai componenti in condizione di svantaggio e inseriti in programmi di cura e assistenza dei servizi socio-sanitari territoriali certificati dalla Pubblica amministrazione. La domanda potrà essere presentata dalla nuova piattaforma introdotta dal testo di legge, il Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (SIISL), che sarà operativa nei prossimi mesi e oltre all’accesso alle misure si propone di realizzare l’incrocio tra persone in grado di lavorare e mondo del lavoro, a partire dal monitoraggio dei beneficiari e dall’incrocio delle banche dati dei vari enti coinvolti. Una volta sottoscritto il patto di attivazione digitale, infatti, la legge obbliga i nuclei beneficiari dell’Adi ad aderire ad un percorso personalizzato di inclusione sociale o lavorativa. Come nel Rdc, un beneficiario mononucleo percepirà fino a 500 euro oltre a un sostegno per l’affitto o il mutuo fino a 280 euro. Chi non possiede i requisiti familiari e ha un’età tra i 18 e i 59 anni è considerato occupabile e non potrà accedere al nuovo Adi anche se in condizione di povertà assoluta: secondo i calcoli dello stesso governo, l’anno prossimo si tratterà di circa 500 mila persone.
Il destino degli esclusi dall’Adi – Agli “occupabili” già nel 2023 il governo ha tagliato il Reddito di cittadinanza limitandone l’erogazione a un massimo di 7 mesi. Con la fine di luglio circa 300 mila persone lo perderanno. Dal primo settembre, ma a patto di essere più povere (Isee entro i 6.000 euro) potranno richiedere il Supporto per la formazione e il lavoro, un’indennità di 350 euro erogata per un massimo di 12 mesi non rinnovabili per la quale andrà fatta domanda all’Inps tramite la solita piattaforma SIISL. L’erogazione è legata alla partecipazione a percorsi di formazione, di qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento al lavoro e di politiche attive del lavoro comunque denominate, compresi i progetti utili alla collettività, a titolarità dei comuni di residenza o di altre amministrazioni in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni. Nel testo emendato al Senato la possibilità di accedere al Supporto è stata allargata anche ai componenti dei nuclei percettori di Adi che, pur non essendo obbligati, sono interessati alle politiche attive del lavoro. La partecipazione e l’erogazione del Supporto escluderanno i percettori dal calcolo della scala di equivalenza che definisce l’importo dell’Adi.
Le novità per le persone con disabilità – Nel testo licenziato dal Senato è prevista, relativamente al calcolo del valore dell’Assegno di inclusione, un incremento del parametro della scala di equivalenza in presenza di componenti in condizioni di disabilità grave o non autosufficienza. Il parametro della scala di equivalenza è pari a 1 ed è incrementato, fino a un massimo di 2,2, che è stato ulteriormente elevato a 2,3 se nel nucleo ci sono persone non autosufficienti o disabili gravi. Il parametro è elevato di 0,4 per ciascun altro componente con età pari o superiore a 60 anni, lo stesso per il componente maggiorenne con carichi di cura. Lo 0,3 vale ogni altro adulto in grave disagio bio-psico-sociale e inserito in percorsi di cura e assistenza certificati dalla PA. Il parametro sale di 0,15 per ciascun minore di età, fino a due e di 0,10 per altri figli minorenni oltre il secondo.
L’offerta di lavoro non rifiutabile – Anche i percettori di Adi, se considerati attivabili al lavoro, dovranno accettare le offerte di lavoro definite congrue dal testo di legge. L’offerta congrua riguarda rapporti di lavoro a tempo indeterminato senza limiti di distanza nell’ambito del territorio italiano, a tempo pieno o a tempo parziale non inferiore al 60% dell’orario a tempo pieno,
in cui la retribuzione non è inferiore ai minimi salariali previsti dai ccnl (d.lgs 81/2015). Nel caso di un contratto di lavoro a tempo determinato, anche in somministrazione, l’offerta è congrua qualora il luogo di lavoro non disti più di 80 chilometri dal domicilio del soggetto o sia raggiungibile in non oltre 120 minuti con i mezzi di trasporto pubblico. Il percettore riconosciuto attivabile al lavoro deve accettare la prima offerta congrua di lavoro a tempo determinato. Con le modifiche introdotte in Senato è stata introdotta un’eccezione chi ha figli sotto i 14 anni di età, che non sono più obbligati ad accettare offerte di lavoro in tutta Italia. Per loro l’obbligo di accettare l’offerta, anche a tempo indeterminato, scatta solo entro la distanza dal luogo di lavoro di 80 chilometri o nel limite dei 120 minuti con i mezzi di trasporto, mentre per conservare l’Adi il testo originale del dl lavoro prevedeva l’obbligo di accettare il tempo indeterminato su tutto il territorio nazionale.