C’è la scuola di sci della Val di Sole che ha lavorato per quattro anni senza mai dichiarare un euro e si faceva molta pubblicità su internet vantando prezzi concorrenziali. La multinazionale inglese dell‘e-commerce di lusso che operava in Italia attraverso boutique affiliate rimanendo un fantasma per il fisco. E i tre influencer, formalmente disoccupati, che in due anni hanno incassato da follower e social network 400mila euro, rigorosamente in nero. Sono alcuni degli 8.924 evasori totali scovati dalla Guardia di Finanza tra il gennaio 2022 e fine maggio 2023. Un numero che resta sotto i livelli pre Covid ma certifica la ripresa dell’azione delle Fiamme Gialle dopo il rallentamento dovuto all’emergenza sanitaria.

Ma come si fa a individuare chi non presenta dichiarazioni ed è spesso del tutto sconosciuto all’Agenzia delle Entrate? Il III Reparto Operazioni – Ufficio tutela entrate fa sapere al fattoquotidiano.it che vengono messe a sistema e sfruttate le evidenze acquisite con indagini di polizia giudiziaria – sia per reati tributari (per esempio frodi) sia per corruzione, riciclaggio o illeciti finanziamenti pubblici -, analisi del rischio fiscale con l’incrocio delle banche dati e controlli sul territorio i cui esiti vengono incrociati con i dati della fatturazione elettronica. Sul secondo fronte, l’estensione degli obblighi di comunicazione all’amministrazione finanziaria (anche sui dati relativi ai pagamenti pos) ha potenziato le informazioni a disposizione di Entrate e Gdf aumentando la capacità di analisi e preparazione di liste di contribuenti a maggior rischio. Negli ultimi anni, poi, sono stati sviluppati metodi per individuare gli operatori del commercio elettronico che hanno venduto o prestato servizi in Italia senza rispettare obblighi fiscali. Il Corpo, infine, va a bussare alla porta dei contribuenti che non rispondono alle comunicazioni “cambia verso” delle Entrate, quelle pensate per stimolare l’adempimento spontaneo. Sul fronte della prevenzione, in questi mesi – dopo che a metà maggio l’Agenzia ha definito i criteri operativi – sta anche entrando in vigore la stretta sulle partite Iva apri e chiudi prevista in legge di Bilancio.

Qualche esempio, allora. Notevole la vicenda della società trentina attiva nel settore dell’organizzazione di viaggi, scuola sci e snowboard che ha messo a segno ricavi per circa 6 milioni di euro evadendone 1,8. Il tutto era gestito da quello che sulla carta era un normale appartamento di proprietà di un cittadino polacco. Fatto un controllo, i finanzieri della tenenza di Cles hanno scoperto che lì dentro c’era una fiorente attività aperta al pubblico che affittava case, noleggiava sci e scarponi e prenotava lezioni con 15 maestri stranieri, senza abilitazione valida. Tutto “in forma completamente sconosciuta al fisco”. Dietro c’era una scuola di sci polacca – regolarmente dichiarata in patria – che non si faceva problemi a pubblicizzare i servizi offerti in Italia con tanto di video promozionali di clienti che entravano nel “negozio”. In cui sono stati trovati anche 90mila euro in contanti.

Lo scorso anno ha poi chiuso i conti con il fisco, aderendo all’accertamento e pagando 12 milioni di euro, la stabile organizzazione occulta di una società britannica parte del gruppo multinazionale delle vendite online Farfetch. Le indagini del nucleo di polizia economico-finanziaria del Comando provinciale di Bologna, sotto la direzione della procura, hanno fatto emergere che la società era radicata in Italia dal 2011 ma non aveva mai formalizzato la sua presenza e non aveva dipendenti né uffici. È stato il primo caso in Italia in cui si è riscontrato che la sede dell’attività occulta – che produceva imponibile in Italia e versava provvigioni a marketplace – era di fatto l’abitazione dei collaboratori, che da casa svolgevano “attività determinanti per la gestione delle relazioni economico-commerciali, la negoziazione, la trattativa e la stipula di contratti con centinaia di boutique nazionali”. Un’evoluzione cruciale perché è evidente che le multinazionali digitali possono insediare molto facilmente le loro attività in sedi non tradizionali.

Ed è legato all’economia della rete anche un altro dei principali casi che si segnalano nell’ultimo anno e mezzo: il nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Ravenna, dopo una segnalazione di operazioni bancarie sospette trasmessa dal nucleo speciale di Polizia valutaria di Roma su persone formalmente disoccupate che ricevevano frequenti bonifici dall’estero, ha scoperto tre content creator evasori totali. Ricevevano compensi dai social e ricariche Postepay da fan per foto, video e chat senza dichiarare nulla. Molto più tradizionale, invece, l’operazione con cui i Finanzieri del Comando Provinciale di Prato hanno fatto chiudere 111 partite Iva dormienti aperte da meno di sei mesi: sulla carta operavano nella filiera del tessile o nell’immobiliare e nel commercio, di fatto erano in attesa di essere utilizzate per emettere fatture per operazioni inesistenti, riciclare denaro e trasferire all’estero i proventi illeciti oltre che per monetizzare crediti d’imposta (non spettanti) da bonus facciate e superbonus.

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