di Leonardo Botta

Rispetto all’acceso scontro verbale alla Camera tra Giorgia Meloni e il deputato di +Europa Riccardo Magi sul tema delle droghe leggere, dico subito che sono d’accordo con la premier. In politica vige, perché no, il principio dell’articolo quinto, “chi tiene in mano ha vinto”: Meloni, forte della larga vittoria del suo schieramento alle ultime elezioni politiche, ha tutto il diritto di praticare, sul tema della lotta agli stupefacenti, le misure proibizioniste che ha promesso in campagna elettorale. Agli italiani non resta che attendere la conclusione della legislatura per verificarne i risultati.

Solo vorrei si ristabilisse un principio di verità: chi, come me, tifa per la legalizzazione di cannabis et similia, non incita certo se stesso e gli altri al consumo ma, più pragmaticamente, ritiene che le politiche proibizioniste siano sostanzialmente inefficaci (ricordate il divieto di produzione e vendita di alcolici nell’America degli anni ’20?); allora tanto vale legalizzare, magari consentendo la coltivazione di piante per uso personale e sottraendo così importanti quote di mercato della droga alla malavita organizzata. Invece la propaganda di destra anche su questo lucra: l’on. Augusta Montaruli (Fratelli d’Italia) alcuni mesi fa, in un ‘epico’ intervento a Montecitorio, parlava dei partiti di sinistra come di quelli che “regalano droga per strada”!

Rilevo infine, sommessamente, che le politiche repressive non sempre hanno portato bene al centro destra: il caso più eclatante fu la tentata riforma del reato di prostituzione (con tanto di inasprimento delle pene) promossa dalla ministra Carfagna ai tempi del governo Berlusconi III-IV, prima che emergessero gli allegri passatempi del cavaliere con Noemi, D’Addario, Ruby, le olgettine, Minetti, Tarantini, Fede e Lele Mora. Come si dice: la storia insegna; ma la storia spesso si ripete.

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