Senza guardare il portiere, senza guardare la porta, senza pensare a dove sei: una botta di quelle dove l’unica cosa che conta è colpire il pallone mettendoci dentro tutto il veleno che hai dentro. Così, con una botta di sinistro sotto la traversa al ’97esimo, primo tempo supplementare, Gigi Marulla salvava il Cosenza nello spareggio contro la Salernitana del 26 giugno 1991, 32 anni fa. Perché negli anni ’90 quando eri in cadetteria il bomber di provincia era un’icona. Gigi Marulla, forse, lo era pure di più. Lo era perché era nato a Stilo, un paesino a 400 metri sul livello del mare che è una poesia: ha dato i natali a Tommaso Campanella, ha una Cattolica in stile bizantino che è un vero tesoro, ed è di quei paesi che sembrano un presepe, che fanno tanto sud, che fanno tanto Calabria. E ai tempi di Gigi Marulla, come detto, il 9 sulle spalle era quasi un tatuaggio sull’anima del bomber di provincia: per lui oltre al numero sulle spalle c’era la Calabria tutta, rappresentata attraverso la maglia rossoblù del Cosenza. La Calabria, si sa, per molti giovani è terra amara e costringe a seminare altrove i sogni: per Gigi si tratta perlopiù di attraversare lo Stretto e fare qualche chilometro a sud, Acireale è la sua prima meta calcistica, lì cresce e debutta in prima squadra, in Serie D.
È un buon attaccante, inequivocabilmente prima punta nonostante non abbia il fisico che si richiedeva alla prima punta dell’epoca: 1 metro e 75 per quasi 70 chili, roba che non sposta i difensori ma Gigi viene da un paese e da una terra in cui i dogmi, dal suo compaesano a Campanella a Pitagora poco più in là, vengono messi in discussione. E allora Gigi più che fare a sportellate con stopperacci di provincia su campi polverosi ci gira in torno o li inganna sul tempo: giovanissimo segna 9 gol in Serie D, che gli valgono la chiamata dell’Avellino. In biancoverde però non vede mai il campo: è troppo giovane e allora passa per la prima volta al Cosenza, in Serie C1. Qui trova i primi gol, 4 nella prima stagione, 6 nella seconda, poi, a 21 anni, la consacrazione con una stagione da 18 gol che gli valgono anche il titolo di capocannoniere. Un 21enne da 20 gol a stagione in C chiaramente diventa un pezzo pregiato del mercato: tanto da valere 2 miliardi, cifra incredibile per l’epoca per un ragazzo che gioca in C, e passare da un rossoblù all’altro, quello del Genoa. L’esordio è di quelli da ricordare: contro il Milan di Liedholm a Marassi in Coppa Italia segna di testa al 90esimo regalando il pareggio ai suoi. Gioca bene e segna in gialloblù, tanto da iniziare a sognare la Serie A: sembrerebbe vicino all’Inter di Trapattoni, ma poi l’ipotesi sfuma e torna all’Avellino, che col presidente Sibilia nel 1988 punta a ritornare subito nella massima serie. Non bastano però i 10 gol di Marulla agli irpini, che arrivano quinti, e allora Gigi decide che se non è possibile seguire le ambizioni è giusto seguire il cuore, tornando dunque nella sua Calabria, a Cosenza.
In quegli anni Gigi ha come missione solo quella di rappresentare Cosenza e la Calabria: anche quando, nel 1990/91, i calabresi sembrano non farcela a conservare la categoria. Lui fa di tutto, con 17 gol in campionato più uno, quello dello spareggio contro la Salernitana all’Adriatico di Pescara per evitare la retrocessione. “La sensazione – dirà dopo – era quella di salvare un’intera Regione: se retrocedeva il Cosenza sarebbe retrocessa tutta la Calabria e io non me lo potevo permettere”. Riuscirà sempre a salvare il Cosenza Marulla, facendo da chioccia per giovani attaccanti che poi avrebbero avuto successo: prima Michele Padovano, poi Marco Negri, poi Cristiano Lucarelli. Sembra riuscirci anche nel 1997 in un’annata disastrosa, quando all’89esimo alla penultima giornata Marulla a 34 anni segna ancora, contro il Padova, che però pareggia incredibilmente un minuto dopo vanificando il sogno. Passa al Castrovillari, in C2, giocando due stagioni, segnando ancora. Poi la carriera da allenatore, e la scomparsa prematura a 52 anni per un infarto: gli è stato dedicato lo stadio di Cosenza e persino un musical, perché ad alcuni magari non basta un Mondiale o una Champions per entrare nella storia, altri si tatuano un numero, una maglia e una regione addosso, entrando nella storia e nel cuore della gente. Come Gigi Marulla.