Quando si parla di marketing la maggior parte dei piccoli imprenditori pensa che si tratti di tematiche appartenenti solo al mondo delle grandi imprese oppure, nella peggiore delle ipotesi, che si tratti di fuffa.
Se dovessi dare una definizione di marketing digeribile ai più, pur consapevole di produrre un senso di disgusto a qualche professore di economia aziendale, direi che questa disciplina serve a spiegare a un potenziale cliente perché dovrebbe comprare da me (e non dai miei concorrenti) che potrei essere la migliore scelta per le sue esigenze. E la percezione che abbiamo del valore di un prodotto per soddisfare quei bisogni a volte è più importante della sua qualità effettiva. Perché è anche su questo che lavora il marketing (e la pubblicità, una delle sue 5 leve), sul modificare la percezione che abbiamo delle cose. La storia ci consegna alcuni esempi di straordinarie strategie di marketing ante litteram.
Federico II di Prussia si trovò ad affrontare il rifiuto del popolo a coltivare e mangiare patate. Il tubero non godeva infatti di grandi simpatie, anzi era considerato brutto e disgustoso. Federico II, che probabilmente aveva il dono del pensiero laterale, ordinò di coltivarle solo nei terreni attorno al palazzo reale, dove i soldati potevano sorvegliarle. Le patate erano così diventate il “cibo del re” e nessuno poteva toccarle. Ovviamente in pochi mesi si diffuse, per l’effetto emulazione, Ovviamente in pochi mesi si diffuse la coltivazione e il contrabbando dei tuberi, cibo che con il tempo diventò la principale fonte di sostentamento per i soldati nelle campagne belliche, oltre che ad un alimento chiave nella dieta dei tedeschi.
L’episodio che sconfina nella leggenda, ci riporta alla considerazione che facevamo all’inizio: i valori intangibili possono condizionare le nostre scelte (per soddisfare i bisogni) più delle caratteristiche “reali” di un prodotto. E qui vorrei tornare al pensiero sul modo in cui l’utilizzo delle leve di marketing può modificare la percezione dei consumatori rispetto ad un prodotto.
Prendiamo il caso di una piccola catena di pizzerie che si è posta il problema strategico di aumentare il numero dei coperti e quindi la sua redditività. La domanda chiave è stata: “Come rendere più piacevole la pizza al turista che viene a visitare il centro storico di Napoli?”. Se lo chiediamo a un gruppo di pizzaioli la soluzione sarà quella di utilizzare i migliori prodotti-ingredienti, dando per scontato che quello che vuole chi mangia la pizza sia soddisfare il suo palato.
Un uomo di marketing ribalta la questione. Perché investire migliaia di euro per acquistare i migliori prodotti-ingredienti quando, spendendo di meno e garantendo comunque una buona qualità, si potrebbero offrire servizi collaterali come la compagnia al tavolo di una guida turistica (convenzionata) che ti racconta un po’ di storia della città sollecitando la curiosità del turista che potrebbe, in tal caso, anche decidere di farsi accompagnare, al termine del pasto, a visitare alcuni siti? Costerebbe meno e la gente sarebbe meno esigente in termini di gusto e più veloce a consumare il vitto.
Dietro questa soluzione un po’ fantasiosa e bizzarra, però, si nasconde un pensiero più articolato. Puntare tutto sui valori tangibili di un prodotto richiede molti elementi: pianificazioni, investimenti, uso di risorse a volte limitate. Il marketing, ovviamente, non può essere considerata come la soluzione a tutti i problemi, ma come un’opportunità per semplificarli.
Semplificarli, però, non significa che il marketing può fregarsene della qualità del prodotto.
Ad esempio quella pizzeria potrebbe utilizzare una campagna promozionale per lanciare sul mercato una (falsa) nuova versione del prodotto: “la pizza storica”. Fin qui niente di nuovo. Il punto è che il prodotto non è minimamente cambiato rispetto all’originale. E’ cambiata la “confezione”: un semplice bundling e addio vecchia pizza. È tempo di nuove gustose pizze accompagnate da una esperienza emozionale.
Un esempio di riposizionamento interamente basato su valori intangibili per rilanciare la stessa pizza, comunque di buona qualità, come un prodotto del tutto nuovo sul mercato: packaging, nome e campagna pubblicitaria basata sull’ironia potrebbero fare il resto.
I consumatori, nel corso dei test prima del lancio del prodotto in questo caso-scuola, dichiaravano addirittura di trovarlo “più attraente e appetitoso”. Di sicuro in questo caso ci sono aspetti al limite del paradossale, ma proviamo a guardare il lato filosofico della questione e a cavarne uno spunto per il futuro. Cogliere e comunicare i valori intangibili di un prodotto permette di rendere nuovo quello che è familiare il che, tradotto, significa far apprezzare di più quello che ognuno di noi ha. Nel lancio, o nel riposizionamento di un prodotto, diventano allora fondamentali anche quegli aspetti, apparentemente meno concreti, che invece possono avere un grande valore per i consumatori.
Se ci pensate il segreto del successo dei social network è questo: condividere un successo, un fallimento, qualcosa che ci ha divertito o commosso. Qualcosa di intangibile eppure di grande valore per la visibilità del brand personale. A patto che poi tu non sia un avatar!