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Da Surovikin a Mizintsev, chi sono i “macellai” di Putin vicini alla Wagner di Prigozhin

La sera del 23 giugno due video registrati nella stessa stanza e allo stesso tavolo riportavano due appelli, dai contenuti molto simili, di due alti ufficiali russi. Uno era del tenente generale Vladimir Aleksyev, primo vicecapo di stato maggiore delle forze armate, il quale diceva al capo di PMC Wagner, Yevgeny Prigozhin, che non ha l’autorità per impartire ordini alle forze armate: “Questo è un colpo di Stato, torna in te!”, diceva dandogli del tu. L’altro era il vicecomandante delle forze russe in Ucraina Sergei Surovikin, soprannominato dai media “generale Armageddon” dopo i bombardamenti su Aleppo in Siria, il quale ha esortato PMC Wagner a mantenere le sue posizioni e a non rivoltarsi contro i propri alleati: “Ferma le colonne, riportale nei punti di schieramento permanente”. Dopo aver tenuto la mano sinistra celata per i quasi 140 secondi del video, l’ufficiale l’ha alzata colpendo il tavolo con l’indice, in un gesto che poteva indicare all’ascoltatore l’azione da intraprendere o semplicemente a escludere che fosse stata ferita a seguito di torture.

Del primo sappiamo che è apparso a Rostov-on-Don il 24 giugno, insieme al viceministro della Difesa, Yunus-bek Yevkurov, e a Prigozhin, che spiegava loro le ragioni delle critiche al ministero della Difesa in un video pubblicato da un canale Telegram vicino a PMC Wagner. La scena è apparsa decisamente surreale a tutti, essendo il tono pacato nonostante l’evidenza di scontri sanguinosi e la marcia su Mosca allora in pieno svolgimento. Da allora, si sono perse le tracce dei due sui media russi. Ed entrambi avevano in passato avuto rapporti stretti proprio col capo di PMC Wagner: Alexsyev era l’uomo incaricato dei rapporti tra le forze armate e le compagnie di “volontari” impegnati sul campo in Ucraina e in Siria. Eppure non si troverà mai una lamentela di Prigozhin rivolta contro il militare incaricato di tenere i rapporti tra lui e il duo Shoigu-Gerasimov, da mesi oggetto invece degli strali dell’ex “cuoco di Putin”. L’altro, Surovikin, era stato il comandante di tutte le forze russe dall’8 ottobre 2022 fino alla sua sostituzione con lo stesso Gerasimov nel gennaio scorso e aveva sostenuto l’impiego di PMC Wagner nelle uniche battaglie non perse dai russi negli ultimi mesi, Soledar e Bakhmut.

Chi è Surovikin, a cui i media vogliono appiccicare l’etichetta di generale ribelle? Nello spazio pubblico è apparso per la prima volta nell’agosto 1991, quando, nel grado di capitano e comandante ad interim di un battaglione di fucilieri motorizzati della divisione Taman, ha preso parte agli eventi del colpo di Stato aprendo il fuoco sui manifestanti antisovietici. In conseguenza di ciò ha passato parecchi mesi in carcere, senza venire mai condannato. Dal giugno 2004, Surovikin ha comandato la 42a divisione delle guardie di stanza in Cecenia, la principale formazione dell’esercito, che è stata schierata permanentemente sul fronte: da lì ha spiccato il volo per diventare capo del dipartimento operativo principale dello Stato Maggiore e nel 2010 capo di stato maggiore della regione Volga-Urali e successivamente dei distretti militari centrali. Nel 2012 ha scalato i vertici del Distretto Militare Orientale. Negli anni successivi ha partecipato alla riforma dell’esercito russo e si è speso tantissimo nella creazione di un nuovo corpo nella struttura dell’esercito: la polizia militare. Era lui che doveva diventare capo di questa struttura: invece, è stato inviato in Siria dove ha guidato il gruppo russo, svolgendo il compito di supportare le forze governative siriane contro le diverse anime ribelli. Per svolgere presto e bene il suo compito, non ha avuto scrupoli a colpire obiettivi civili e radere al suolo Aleppo.

A rendere oscuro il suo passato troviamo molti episodi, sempre cancellati con un colpo di spugna dalle autorità russe: a parte l’aver sparato sui civili a Mosca, ci sono poi il traffico di armi, col tribunale che ha annullato le accuse per circostanze esonerative, il caso dell’omicidio nel 1994 di Dmitry Kholodov, un corrispondente di Moskovsky Komsomolets, per la cui morte nessuno dei militari sospettati è andato sotto processo, la scomparsa nel febbraio 2000 ad Alkhan-Kala di Khadzhimurad Yandiev, un militante ferito e fatto prigioniero a seguito della cui sparizione la carriera del nostro è partita a razzo. Non è un caso che Sergei Surovikin abbia ricevuto il grado di generale dell’esercito il 16 agosto 2021, esattamente nell’anniversario del putsch di agosto: parliamo di un uomo perfettamente inserito nel sistema di potere putiniano.

Se è lecito dubitare dei leakage della Cnn che lo indicano come un membro di alto livello – anche se non in modo visibile – di PMC Wagner, è innegabile che nelle ultime settimane della battaglia di Bakhmut lo stesso Prigozhin avesse chiesto la nomina di Surovikin quale collegamento tra le forze armate e PMC Wagner con lo scopo di migliorare i rifornimenti e completare la conquista del centro abitato e che in dichiarazioni mai veramente tenute segrete avesse auspicato la sua nomina quale sostituto di Shoigu al ministero della Difesa. Dopotutto, l’allora comandante delle forze russe, impegnato in inutili e feroci bombardamenti su Kiev e sulle infrastrutture ucraine subito dopo il ritiro da Kherson, aveva imparato ad apprezzare l’ottimo livello di addestramento e la disciplina del personale di PMC Wagner durante la battaglia di Bakhmut, così diversi dalle forze del ministero della Difesa. Per la prima volta dai tempi degli scontri tra sovietici e nazisti, si erano visti in Europa persino miliziani “imbottiti” di sostanze stupefacenti impiegati come truppe suicide, quando non sufficientemente addestrati o motivati a combattere: un concetto di “carne da cannone” utile non solo a fare numero per lo scopo di impressionare l’avversario, cosa in cui i russi sono da sempre insuperabili in Europa, ma anche a creare danni tattici calcolati al nemico. E in effetti queste migliaia di disgraziati – spesso ex detenuti affetti da gravi patologie – sono serviti spesso a far consumare munizioni o a scoprire posizioni degli ucraini, basiti davanti a uomini che continuavano ad avanzare come se non avvertissero il dolore se feriti gravemente.

Insomma, Prigozhin aveva messo in mostra una notevole capacità nel gestire le truppe, ma anche nel tessere relazioni “non ufficiali” con l’Ucraina, gestendo scambi di prigionieri e negando la propaganda del Cremlino sulle ragioni della guerra. A fine aprile, infine, si è chiuso il cerchio dei rapporti tra PMC Wagner e i vertici militari russi, con la nomina del colonnello generale Mikhail Mizintsev al ruolo di primo vicecomandante di Dmitry Utkin, il capo dei “wagneriani” sul campo. Ciò è avvenuto in seguito al licenziamento dello stesso Mizintsev da viceministro della Difesa con delega alla logistica, sostituito dal vicecapo della Guardia nazionale Alexei Kuzmenkov, un “raccomandato” di GRU e FSB, insomma del mondo da cui viene lo stesso Putin. Mizintsev non è un militare qualsiasi: è l’uomo che prendendo Mariupol, Severodonetsk e Lysichansk ha vinto le uniche tre battaglie del 2022 per i russi, sia pure a un prezzo enorme in termini di vite umane e mezzi, guadagnando sui media occidentali il nomignolo di “macellaio di Mariupol”. Che cosa ne sia stato di lui e dei suoi colleghi “macellai”, in testa Surovikin, non è dato di saperlo.