Una gemma rifulge nella programmazione estiva del Bologna Festival: la rassegna bifronte “Pianofortissimo & Talenti”, che in giugno e luglio offre concerti di gran classe nel cortile dell’Archiginnasio e nel chiostro della basilica di S. Stefano. “Talenti” lancia giovani che già spiccano sulla scena musicale; “Pianofortissimo” presenta da decenni al pubblico bolognese artisti eccellenti della tastiera. Da qualche anno, con generosa intelligenza culturale, i direttori artistici delle due rassegne, Maddalena da Lisca e Alberto Spano, hanno accomunato nel cartellone del Bologna Festival le due rassegne: un gesto raro, in tempi come i nostri che invitano semmai a rinchiudersi nel proprio orticello. Ne risulta un meraviglioso florilegio di concertisti e programmi prelibati: in questa estate i pianisti Maria Perrotta, Nicolò Cafaro, Hao Rao, Pietro Fresa; il Quartetto Siegfried, il Trio Pantoum, la violinista Giulia Rimonda con Josèf Mossali al piano; ma anche l’Ekletric Duo con la pianista Elisa Tomellini e il violoncello elettrico di Alberto Casadei, e i Four for Tango (bandoneón, violino, pianoforte, contrabbasso) in un programma tutto Piazzolla.
Una serata d’eccezione per “Pianofortissimo” l’ha data la pianista russa Natalia Trull. Nata a Pietroburgo nel 1956, moscovita d’adozione, vincitrice fra l’altro del famoso concorso Piano Masters di Monte Carlo, al quale accedono solo i vincitori di concorsi internazionali, è personalità riservata, schiva. Ha una discografia limitata ma una carriera rigogliosa, e la sua interpretazione del Primo Concerto di Čajkovskij è un faro luminoso. Il 21 giugno, per la prima volta a Bologna, ha proposto nell’Archiginnasio un’infilata di ‘fantasie’: brani, peraltro assai diversi, di Bach, Mozart, Beethoven, Liszt. Nella seconda parte, la fantasia sgorgava leggiadra dai Davidsbündlertänze op. 6 di Schumann.
L’attenzione al timbro, la poesia che si sprigiona perfino dai passi virtuosistici, la resa dell’insieme, producevano un’atmosfera evocatrice, quasi magica, che irretiva l’ascoltatore. Dall’altro lato, non difettava la forza, il piglio scultoreo, la sonorità robusta in un brano come Fantasia e fuga sul tema BACH di Liszt: una composizione sovrabbondante, che di suo non brilla per nitidezza formale, ed è perciò assai ardua da trasmettere al pubblico in maniera convincente. In Schumann, Trull ha dato una prova altissima: il color pastello del legato e la puntasecca dello staccato, gli attacchi perentori e le dolcezze degli abbandoni, il suono delicato, gli ammiccamenti improvvisi, hanno delineato le cento facce di un capolavoro del romanticismo pianistico. Musicista di grande levatura, Natalia Trull combina la grande tradizione pianistica russa con un’introspezione interiore sensibilissima.
Mercoledì 28 giugno per i “Talenti” è toccato al Trio Ravel, flauto, viola e arpa, in un repertorio fuori mano ma di grande seduzione. Lorenzo Messina, Giacomo Lucato e Francesca Marini, giovanissimi, hanno tecnica agguerrita e risorse interpretative mature. Il piatto di portata di una serata molto francese non poteva non essere la seconda delle tre Sonates di Claude Debussy, opera estrema d’un autore che qui volle qualificarsi come musicien français: erano gli anni della Grande Guerra. È appunto questa la sonata che all’inusitato organico ha imposto un crisma sublime, degno d’essere emulato.
Gli strumenti, così diversi, sono impegnati di volta in volta in senso solistico oppure in impasti sonori inopinati. Esecuzione splendida: i tre artisti indulgono alla dolce sfinitezza del primo movimento, condotto sul filo del ‘dire e non dire’; tessono in filigrana l’atmosfera sognante del secondo, un menuetto più immaginato che danzato; si lanciano con impeto sempre misuratissimo negli ‘strappi’ e negli scrosci scintillanti del terzo. Non meno incantevole l’interpretazione di tre brani assolo: il flauto incantato in Syrinx di Debussy; il tormento delle doppie corde nel Capriccio per viola in do minore op. 55 di Henri Vieuxtemps, impervio “Hommage à Paganini”; il fascinoso Impromptu op. 86 per arpa di Gabriel Fauré: qui lo strumento, bellissimo a vedersi in scena da solista, spezia a sprazzi la cantabilità carezzevole con punte di virtuosismo aggressivo.
Poco conosciuto ma di grand’effetto, il trio composto a diciott’anni da Jean-Michel Damase (1928-2013) esibisce allegramente le mosse e le sterzate di uno scanzonato cartone animato sonoro. Meno interessante sotto il profilo prettamente musicale l’Elegiac Trio di Arnold Bax, ispirato alla drammatica Rivolta di Pasqua irlandese del 1916. Il concerto, collocato nel chiostro-sacrario di S. Stefano, si è aperto con un delizioso terzettino (1905) di Théodore Dubois, direttore del Conservatoire e famoso didatta: meraviglioso connnubio di acume e maestria. Ne ha un po’ turbato la resa uno stormo di uccellini, dai trilli prepotenti e penetranti, che sfrecciavano e si rincorrevano felici nel crepuscolo. Ma si sa: la natura se ne infischia degli esseri umani, anche delle opere di un ingegno squisito…