Una sconcertante ipotesi emerge dal processo in corso a Vicenza per disastro ambientale a carico di 15 manager succedutisi nella gestione della Miteni, l’azienda di Trissino indicata come responsabile del disastro ambientale causato dalla produzione di Pfas. Le sostanze perfluoroalchiliche sversate per decenni nel terreno e nelle acque sarebbero all’origine dell’inquinamento della falda sotterranea, che interessa tre province del Veneto, oltre a Vicenza, anche Verona e Padova. Il sospetto è che, dopo la scoperta della contaminazione, una decisione politica abbia impedito l’avvio di uno studio epidemiologico in Veneto.
La rivelazione è stata fatta da Pietro Comba, responsabile del Dipartimento di Epidemiologia ambientale dell’Istituto Superiore di Sanità, nonché consulente dei pubblici ministeri vicentini. Davanti alla Corte d’assise ha esibito un documento imbarazzante, un “accordo di collaborazione per l’esecuzione del programma di ricerca” elaborato da Iss e Regione Veneto. Prevedeva un’indagine epidemiologica della durata di tre anni sulla popolazione delle aree colpite del Veneto per monitorare le condizioni sanitarie degli abitanti (in termini epidemiologici) e per cercare eventuali correlazioni (retrospettive) tra l’assunzione dei Pfas e l’insorgere di patologie gravi come i tumori.
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Il documento era pronto. L’istituto superiore di Sanità aveva già predisposto la firma del presidente Gualtiero Ricciardi (detto Walter) che è stato ai vertici Iss dal 2015 al gennaio 2019. Il documento era stato preparato dopo che il 17 maggio 2016 la giunta regionale (presidente Luca Zaia, assessore alla sanità Luca Coletto) aveva deliberato l’affidamento di incarico all’Iss per la “predisposizione di uno studio epidemiologico osservazionale sulla popolazione esposta alla contaminazione da Pfas”. Il dottor Comba ha dato ai giudici una copia del documento inedito che indicava già una previsione di co-finanziamento per 252mila euro da parte dell’Iss e di una somma imprecisata della Regione Veneto. Questa parte è rimasta in bianco, visto che la Regione non ha mai sottoscritto l’accordo già pronto.
La prova è piombata sul processo che ormai si avvia alla conclusione della fase istruttoria. Comba ha spiegato che i tecnici sia dell’Iss e della Regione erano d’accordo sullo studio epidemiologico che invece non è mai stato avviato per una decisione “della parte politica”. Comba non ha indicato se la scelta politica e non dirigenziale sia stata presa dalla Regione Veneto, dal ministero della Sanità o da entrambi gli organismi pubblici. Il documento è però eloquente: è stato redatto su carta intestata della Regione, con l’indicazione della decima legislatura (2015-2020). Ilfattoquotidiano.it ha chiesto spiegazioni alla Regione, ma al momento della pubblicazione dell’articolo non è ancora arrivata.
Si tratta di capire quali siano le ragioni che hanno indotto la Regione a desistere da uno strumento di accertamento scientifico che si sarebbe dovuto saldare al Piano di sorveglianza sanitaria sulla popolazione (in corso ancor oggi) e allo “Studio dei lavoratori della ditta Miteni” (che ha dato origine a un’indagine preliminare per omicidio colposo e lesioni colpose). L’obiettivo dello Studio epidemiologico sarebbe stato quello di “valutare il rischio di effetti avversi sulla salute per le popolazioni esposte a Pfas, in conseguenza della contaminazione industriale delle acque”. Prevedeva una valutazione retrospettiva epidemiologica per capire l’incidenza del rischio a cui era stata esposta la popolazione. Uno studio complesso, basato su una doppia analisi: quella ambientale e quella individuale, attuate per “stimare la storicità delle contaminazione” e per “la costruzione di modelli prospettici di diffusione della stessa”. Le patologie sarebbero state suddivise in due categorie: tumorali e non tumorali.
L’accordo mai stipulato indicava anche nel dottor Roberto Pasetto il responsabile scientifico per conto dell’Iss, mentre era in bianco il nome del responsabile per la Regione Veneto. Venivano indicati, invece, i nomi di due esperti internazionali: il dottor Tony Fletcher della London School of Hygiene e il dottor Kurt Straif dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc).
Sulla base delle dichiarazioni del dottor Comba, la consigliera regionale Cristina Guarda (Europa Verde) ha preparato un’interrogazione dal titolo: “La Regione ha bloccato indagine epidemiologica sui Pfas?”. Spiega: “Quello studio ci avrebbe consentito di indagare anche in termini di attentato alla salute pubblica, oltre che di disastro ambientale. Serve fare chiarezza su chi ricadano le responsabilità di un mancato nulla osta, perché la testimonianza getta ombre su un aspetto molto delicato della più grande contaminazione da Pfas del nostro Paese”. Per questo chiede “alla Giunta regionale le motivazioni che hanno condotto la Regione del Veneto alla mancata adozione degli atti necessari all’avvio dell’indagine epidemiologica sui Pfas”.