Lo scorso 13 dicembre un caccia Eurofighter precipitò a pochi chilometri dall’aeroporto militare di Trapani Birgi. A bordo il capitano Antonio Fabio Altruda di 33 anni, il cui corpo fu recuperato senza vita. Furono aperte tre inchieste, ma la famiglia del pilota chiede di sapere cosa è successo: “I familiari del povero pilota deceduto hanno diritto ed interesse, più di chiunque, a conoscere le vere cause del disastro aereo, non trattandosi di mero incidente” dice l’avvocato Fabio Sammartano che commenta così la precisazione dell’Aeronautica Militare che sostiene che non è stato apposto alcun segreto di Stato sull’incidente. Il legale dei familiari della vittima, che ha diffuso la notizia, definisce “sorprendente la smentita delle Forze Armate”. Il velivolo “era in fase operativa nell’ambito di una missione Nato”, aggiunge il legale. A indagare ci sono a procura di Trapani e la stessa Aeronautica, in più la procura militare su una eventuale ipotesi di distruzione di bene militare. “Proprio per il segreto di Stato – dice – non siamo stati autorizzati a partecipare all’esame della scatola nera”. I resti del caccia sono ancora dove è precipitato. Mentre il 29 marzo era stato ritrovato e fatto brillare uno dei missili con cui era armato l’Eurofighter. L’ordigno era stato rinvenuto sotto terra a poca distanza dal luogo dell’incidente. I magistrati trapanesi indagano a carico di ignoti per disastro aereo e omicidio colposo

L’Aeronautica sostiene che “le affermazioni” sul segreto di Stato “non corrispondono a verità. Infatti tutta la documentazione d’interesse è da tempo a disposizione dell’autorità giudiziaria competente. Anche la scatola nera è stata consegnata senza indugio alla predetta autorità giudiziaria e risulta a tutt’oggi sotto sequestro”. Inoltre, aggiunge, l’Aeronautica “continua a prestare massima collaborazione alle autorità inquirenti al fine di far luce sull’accaduto diffidando chiunque dal diffondere informazioni false, diffamatorie e del tutto avulse dalla concreta realtà dei fatti”.

Altruda tornava dall’aeroporto militare di Istrana (Treviso) insieme ad un altro Eurofighter che lo precedeva. Era partito da Trapani Birgi alle 9, sempre volando in coppia, “per dirigersi verso Istrana nell’ambito di una missione operativa (non esercitazione) finalizzata a scortare un velivolo militare statunitense. I due militari – ricostruiva l’esposto – all’esito di quella missione avevano pranzato e anche riposato a Istrana, riprendendo il volo di ritorno alle ore 16.50 circa per rientrare a Trapani, comunicando in costante contatto radio tra loro, e così’ regolarmente fino al momento della sciagura”. Il volo di ritorno, si apprende, non sarebbe stato parte della missione operativa, ma era un’attivita’ addestrativa. Il capitano aveva iniziato le manovre di atterraggio e fatto scendere i carrelli quando un black out elettrico, secondo i familiari, l’avrebbe fatto precipitare. Una ipotesi che i genitori della vittima, che non credono né all’esplosione in volo del velivolo, né al cosiddetto disorientamento spaziale dell’ufficiale, volevano approfondire.

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