La rivolta nelle banlieue è soprattutto animata dai minorenni. E’ di 17 anni, infatti, l’età media dei manifestanti, secondo quanto reso noto dal ministro dell’Interno Darmanin. Sono giovanissimi, coetanei di Nahel, il ragazzo di origini algerine ucciso da un poliziotto. La sua morte ha scatenato un’ondata di rivolte e proteste in Francia che vede protagonisti soprattutto dei minorenni: sono “connessi” tra loro (soprattutto tramite i social), capaci di spostarsi velocemente da una zona all’altra per appiccare incendi o saccheggiare negozi, sottolineano dal governo.
Il ministro della Giustizia francese, Éric Dupont-Moretti, ha anche richiamato “la responsabilità dei genitori” dei minorenni che partecipano ai disordini: una prima responsabilità “civica e morale, ordinaria”, ma anche “se non basta, un obbligo legale“. “Voglio che i giovani sappiano, chiaramente, che i pubblici ministeri del Paese cercheranno l’identità degli utenti dei social, in particolare di Snapchat, che per questi giovani sono un mezzo per comunicare il luogo, l’ora e l’obiettivo dell’aggressione. Che nessuno pensi che dietro questi social network ci sia l’impunità“, ha detto ancora il ministro della Giustizia francese.
Gran parte di loro sono studenti delle superiori, in formazione professionale, baristi, ragazzi appena maggiorenni, molti dei quali con la fedina penale pulita. Non giovani emarginati e violenti. Questo l’identikit che viene fuori dalle prime udienze dei fermati in tribunale. In totale sono oltre 3mila e 300 i manifestanti arrestati dall’inizio della protesta. A scatenare la rabbia, secondo le statistiche francesi, sono le condizioni economico-sociali e la percezione rispetto all’autorità.
Sono oltre 5 milioni le persone che vivono in quartieri svantaggiati, ovvero circa l’8% della popolazione francese, secondo i dati dell’Istituto nazionale di statistica (Insee). I quartieri identificati dal governo come poveri sono 1.514. Si tratta di grandi complessi residenziali alla periferia delle grandi città, ex aree industriali e quartieri periferici di città di piccole e medie dimensioni. Il 23,6% degli abitanti di questi quartieri – sempre secondo le statistiche – non è nato in Francia, rispetto al 10,3% del resto del Paese. Secondo un rapporto del Défenseur des droits, un giovane percepito come nero o arabo ha 20 volte più probabilità di essere fermato rispetto alla popolazione generale. Nahel era di origine algerina e la sua uccisione dopo un fermo stradale ha infiammato la Francia proprio toccando il tasto dolente della discriminazione.
E nelle banlieue vive gente con forti difficoltà economiche: il reddito disponibile medio, secondo l’istituto di statistica, è di 13.770 euro all’anno per famiglia, rispetto ai 21.730 euro delle città. E più della metà dei bambini di questi quartieri vive in condizioni di povertà (56,9% rispetto al 21,2% della media della Francia). Molto alto anche il tasso di disoccupazione: nel 2020, il 18,6% della popolazione attiva era disoccupata, rispetto all’8% nazionale.