Si fingono allevatori, disseminano i boschi di lunghe reti, catturano migliaia di uccellini e poi via, iniziano a fare su e giù per mezza Europa, con auto e furgoni, per coprire i 1500 chilometri che separano le campagne polacche (o della Romania) dal Nord Italia. Fanno decine di viaggi, in genere in primavera, che fruttano, per le persone attive nel traffico illecito di volatili, centinaia di migliaia di euro. Sono italiani che vivono nell’Est Europa e che si avvalgono dell’aiuto di cittadini locali. A volte vengono beccati, come la scorsa settimana, quando a Udine la Soarda (i carabinieri antibracconaggio) ha intercettato un carico di quasi 600 esemplari di cesene e tordi bottacci provenienti da Varsavia. Ma il più delle volte la fanno franca, spinti da un’attività a basso rischio e molto remunerativa: secondo una stima del Wwf, per il solo traffico di richiami vivi, si parla di un giro d’affari di oltre 15 milioni di euro all’anno. E contro la quale gli inquirenti – una volta contestato il reato – hanno le armi spuntate: tra legge Cartabia e non punibilità per tenuità del fatto (Renzi) alla fine nessuno paga (o paga pochissimo).
TRAFFICI, MAZZETTE E POLITICA – “Era il 2000, allora ero un ispettore del Corpo forestale, di traffico di animali si parlava pochissimo, di uccelli ancora meno. A Vicenza scoprii un carico che veniva dal Friuli-Venezia Giulia, feci il sequestro e denunciai due persone. Uno dei due, venni a sapere in seguito, era uno dei più grandi trafficanti d’Europa. Mi offrì 20 milioni di lire per chiudere un occhio. Gli dissi che accettavo“. A parlare è Nicola Pierotti, luogotenente dei carabinieri forestali che per più di vent’anni ha dato la caccia a chi illegalmente ha portato e venduto animali – ogni genere di animale – nel nostro Paese. Quel giorno Pierotti andò dal magistrato, denunciò il tentativo di corruzione, si fece microfonare e tese il trappolone al trafficante. “Scattò l’arresto. Qualche tempo dopo un deputato della Lega andò in giro a dire che prendevo soldi dai bracconieri, che ero un corrotto. La politica voleva farmi fuori. Da lì capii quanti interessi ruotavano intorno al traffico di animali e alla caccia”.
Pierotti iniziò a specializzarsi in uccelli venduti in Italia come “richiami vivi” a servizio dei cacciatori. Gli unici richiami vivi ammessi sono quelli nati in cattività e allevati dai privati su autorizzazione dello Stato e che, per questa ragione, possiedono un anellino identificativo inamovibile. A quelli introdotti illegalmente nei nostri confini, invece, viene messo un anellino contraffatto. “Organizzai un gruppo di lavoro apposito nel Corpo forestale, ogni anno facevamo decine di sequestri. Nel corso di 20 anni d’indagine abbiamo scoperto le rotte dalla Polonia e dalla Romania, oltre a battere quelle già note della Francia e del mercato interno. Gli uccelli venivano venduti in tutta Italia“. Nel 2019, per esempio, in sette Regioni italiane – dalla Campania al Trentino – sono state arrestate 18 persone (e altre 50 indagate) coinvolte in un maxi traffico di uccelli con le accuse di ricettazione, furto venatorio e riciclaggio. Nel 2022 sono finite in un’inchiesta della Procura di Urbino sei persone per furto aggravato ai danni dello Stato, alterazione di sigilli di Stato, uccellagione e detenzione illegale ai fini commerciali di fauna selvatica. Ma nonostante indagini, arresti e sequestri, il commercio illegale continua: i trafficanti caricano gli uccelli sui loro furgoni, li portano in Italia (durante il viaggio decine di esemplari muoiono) e li vendono ai commercianti per 30-50 euro a capo. Questi, una volta messi gli anellini contraffatti, li rivendono ai cacciatori a cifre che vanno dai 150 euro ai 300 euro (per gli adulti).
SOLDI NEI PANTALONI E PENE RIDICOLE – Finché non arriviamo al caso esemplificativo del carico intercettato a Udine, la settimana scorsa, dalla Soarda del Cites di Roma, dal Cites di Perugia e dal Centro Anticrimine Natura del capoluogo friulano. “Si tratta di padre e figlio umbri, uno dei quali avevo già indagato nel 2021 – racconta Pierotti, in pensione dall’anno scorso -. Tra maggio e giugno di quell’anno avevano soggiornato una ventina di volte in Veneto. Ottenni la targa della loro auto e riuscimmo a mettere in piedi l’attività di pedinamento. Li scovammo in un hotel e dormimmo lì per seguirli. Il giorno dopo andarono in un’officina meccanica in provincia di Venezia, ad attenderli c’era il carico proveniente dalla Polonia, ma anche le forze dell’ordine. Vennero denunciati a piede libero”. Nelle attività investigative preliminari, con le forze dell’ordine collaborano anche i membri delle associazioni ambientaliste (come Wwf e CABS) che raccolgono prove di reati (con appostamenti, verifiche e fototrappole) e mettono a disposizione competenze e strumentazioni (a volte anche barche e gommoni). “Questa volta la coppia umbra ha preso qualche accorgimento, ha cambiato il luogo dello scambio, ha caricato gli uccelli sull‘auto di una testa di legno – continua Pierotti – ma è stata beccata a Udine. Sono persone che cambiano schede telefoniche una volta ogni tre-quattro giorni. Con loro sono stati denunciati anche due polacchi”. Uno dei due aveva nascosto i soldi nei pantaloni. Gli uccelli sopravvissuti al viaggio di 15 ore nelle scatole di cartone sono stati ricoverati nel Centro di recupero fauna esotica selvatica di Terranova.
Ma com’è possibile che le stesse persone, a distanza di due anni, siano ancora operative nel commercio illegale come se niente fosse? “Tra legge Cartabia e tenuità del fatto – continua Pierotti – arrivare a una condanna è ancora più complicato di un tempo“. Con la contestazione della legge 157/92, che stabilisce le norme per la protezione della fauna (in questo caso si tratta di uccellaggione) “i responsabili ne escono con un’ammenda ridicola. Ma sono persone che guadagnano molti soldi, si possono permettere i migliori avvocati sulla piazza“. In alternativa “a funzionare ci sarebbero la ricettazione e il maltrattamento degli animali. Sono i due reati contestati al padre e al figlio umbri”. In rari casi è stata contestata l’associazione a delinquere.
POCHE LEGGI E SCRITTE MALE – La politica, si è capito, ci mette del suo. Al di là della già citata non punibilità per tenuità del fatto (voluta da Matteo Renzi e dall’allora ministro della Giustizia, Andrea Orlando) e dalla legge promossa da Marta Cartabia (chi querela i presunti trafficanti se il reato è commesso ai danni dello Stato, considerato che la fauna è patrimonio indisponibile, per l’appunto, dello Stato?) ogni Regione cerca di fare gli interessi dei propri elettori. È il caso, per esempio, della Lombardia (i cui cacciatori, come raccontato da ilFattoQuotidiano.it, nelle ultime elezioni hanno spostato decine di migliaia di voti e fatto eleggere i “propri” candidati). La vicenda più nota è quella relativa alle modifiche, in materia di caccia, che di fatto rendevano impossibili i controlli sugli anellini inamovibili. Per farla breve: anziché verificarne l’inamovibilità attraverso attività di vigilanza, diventava sufficiente osservare che fossero presenti (senza poter stabilire, di conseguenza, se fossero contraffatti). La norma (legge di revisione normativa ordinamentale 2021) venne bocciata dalla Corte Costituzionale alla fine dell’anno scorso. “Cosa chiedono i miei colleghi? Che i procedimenti aperti vadano fino in fondo – ragiona Pierotti – che la giustizia sia celere, che ai responsabili, se sono tali, vengano applicate pene adatte al danno che hanno fatto. È necessario che il legislatore tenga anche conto di aggravanti particolari, come il fatto che si commette un danno enorme all’ambiente. Diversamente da tutto questo, è facile comprendere come centinaia di membri delle forze dell’ordine, non vedendo riconosciuto il lavoro di mesi, fatto di indagini, intercettazioni, appostamenti, si stanchino. E gettino la spugna“.
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