C’è una città in Italia di ventidue mila abitanti con cinque librerie, quattro musei, decine di festival, due premi Andersen, il barbiere con i libri in vetrina, il pianoforte sotto i portici che la gente può suonare; una chiesa con la visita guidata dai visori 3D; un monastero restaurato che promuove cultura e accoglie; un venditore di jukebox e vecchi flipper; un liutaio e gente impegnata in così tante associazioni da pensare che nessuno lavori: questa città è Mondovì, in Piemonte.
Sembra incredibile ma in questa realtà già di per sé splendida grazie alla bellezza delle chiese, dei palazzi, delle piazze c’è un modello di polis che va adottato, declinato in altre città. A Mondovì, in primis, c’è fermento: una mobilitazione culturale che parte dalle persone indipendentemente dall’amministrazione comunale che è sicuramente parte del motore. C’è un festival degli albi illustrati, “Illutrada”; uno dedicato al circo; un altro alla musica barocca; il noto raduno nazionale delle mongolfiere; una rassegna culturale dal nome “Funamboli” animata da giovani, il campionato nazionale delle bocce quadre e molte altre iniziative.
Basta entrate in un bar e guardare alle locandine appese per rendersi conto della vivacità cultura di questa cittadina. Una realtà dove esiste un museo dedicato alla stampa in un luogo che è stato restaurato divinamente; uno dedicato alla ceramica; uno ideato degli alpini. E poi un parco a tema intitolato al tempo. Pochi, come la torre civica, sono luoghi così carismatici in Italia: risalendo i vari piani, si scopre a ritroso la storia degli orologi da campanile, da quelli odierni elettronici fino al meccanismo a una lancetta, della torre.
In piazza c’è un gioiello: la chiesa della Missione una delle massime espressioni del barocco, con la sua “falsa cupola” affrescata da Andrea Pozzo. Ma anche qui a rendere “bella” la visita a uno dei beni di questa città è la cura: a spiegare quel luogo non sono noiosi scritte ma video interattivi, un visore 3D.
A Mondovì nulla è lasciato al caso. Ogni luogo è custodito e curato non solo dall’amministrazione (la quale ha il dovere di farlo) ma da suoi abitanti, dal barista della piazza, dall’edicolante, dall’albergatore Michele Pianetta che fa del suo hotel (un altro esempio di restauro eccellente) un luogo non solo accogliente ma stupefacente.
Sogno un’Italia così, un Paese dove ogni città abbia persone che la amano e che se ne prendono cura certi che chi arriverà lì resterà a bocca aperta perché ciascuno ha fatto il suo dovere da cittadino.