Il conflitto in Siria è terminato, così ci dicono le cronache. Gli stati limitrofi rimpatriano i rifugiati, il leader Bashar el-Assad è riabilitato dall’Interpol e dalla Lega araba, e infine la ricostruzione è iniziata.

A smentire questa narrazione dominante sono, nel modo più tragico possibile, le centinaia di persone morte nel naufragio del mar Egeo che fuggivano da Daraa, la città della Siria dove nel 2011 era iniziata la rivolta. Un’altra smentita arriva dall’incessante richiesta di giustizia da parte delle famiglie di almeno 100.000 persone scomparse, in larghissima parte ad opera delle forze di sicurezza governative.

Le Nazioni Unite hanno dato loro una piccola risposta. Il 29 giugno l’Assemblea generale ha istituito un organismo internazionale indipendente col compito di chiarire la sorte degli scomparsi e provare a dare una risposta alle famiglie, che si teme nella maggior parte dei casi potrà solo porre fine a un angosciante e lunghissimo tempo di attesa e d’incertezza. Compito di questo organismo sarà di registrare ogni singola denuncia di scomparsa, consolidare e incrociare le informazioni esistenti e presentare richieste al governo siriano.

Il voto ha dato seguito alla proposta del segretario generale Guterres, contenuta nel rapporto da lui presentato nell’agosto 2022. Il 23 giugno Amnesty International e altre 101 organizzazioni della società civile avevano inviato una lettera agli stati membri delle Nazioni Unite chiedendo loro di votare in favore dell’istituzione dell’organismo.

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