“Non c’è pace per questi pettegoli e chiacchieroni, che non hanno altro da fare che chiacchierare a vuoto. È per queste persone dalla mentalità ristretta che abbiamo registrato un video insieme al nostro caro fratello, il capo della Repubblica cecena, eroe della Russia Ramzan Akhmatovich Kadyrov. Ebbene? Cosa ne dite ora?”. A smentire le voci di una presunta e grave malattia del leader ceceno Ramzan Kadyrov ci prova il suo braccio destro Adam Delimkhanov, che in un video su Instagram liquida i rumors. I due nel video – pubblicato sul canale Telegram di Delimkhanov e datato 2 luglio – scherzano, ridono e mangiano insieme. Ma in una diretta Instagram lo stesso Kadyrov non sembra confermare che il suo stato di salute sia ottimale. “Siamo vivi, non vogliamo vivere a lungo. Vogliamo vivere poco ma con dignità”. Tempo fa lo stesso Kadyrov aveva comunicato di aver diffuso la notizia per “mostrare a tutti, principalmente agli ucraini, fino a che punto si sono abbassati i loro media“. È da marzo che sui media russi e internazionali si rincorrono voci su una sua presunta malattia, in particolare da quando un articolo del quotidiano tedesco Bild a inizio marzo aveva scritto che Kadyrov aveva chiamato in Cecenia uno specialista dagli Emirati Arabi Uniti per curare una grave condizione renale.

Protagonista indiscusso della politica cecena, Kadyrov è al potere da oltre 15 anni, ma a settembre dell’anno scorso aveva dichiarato di volere lasciare. Dichiarazioni a cui non sono seguiti i fatti. ‘Promosso’ nel 2007 dallo zar Putin ai vertici della Repubblica autonoma russa cecena, il suo operato politico è stato fortemente criticato dalla comunità internazionale e dalle organizzazioni umanitarie, che non gli hanno perdonato l’atteggiamento antidemocratico, le sue azioni lesive dei diritti umani, ma anche il ricorso frequente agli arresti illegali e, in anni più recenti le accuse di persecuzioni nei confronti della comunità Lgbt. Imprese commesse dai famigerati ‘kadyrovtsy’, la milizia paramilitare che opera al suo fianco. Soprannominato ‘il macellaio di Grozny’, Kadyrov sarebbe collegato – secondo il giornale Novaya Gazeta – anche al caso dell’omicidio della giornalista Anna Politkovskaya, che aveva concentrato la maggior parte del suo lavoro proprio sulla Cecenia, dilaniata in quegli anni dal separatismo stragista da un lato e dalla cronica violazione dei diritti umani dall’altro.

Negli ultimi mesi, infine, ha destato allarme la sua partecipazione attiva al conflitto bellico in Ucraina a fianco ovviamente del suo potente protettore, il leader del Cremlino, ed in particolare le sue azioni sul campo come l’assedio alla città di Kiev, le scorribande all’impianto chimico di Azot o all’acciaieria di Mariupol, la città martire occupata dai russi dopo settimane di offensiva. Imprese belliche per nulla esenti da critiche da parte della stampa occidentale, che più volte ha paventato il rischio di ulteriori massacri o crudeltà come quelle commesse nel suo paese ai danni della popolazione a maggioranza musulmana o nei confronti di attivisti e giornalisti scomodi.

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