Alessia Pifferi, la donna a processo per l’omicidio volontario pluriaggravato della figlia di 18 mesi ritrovata morta di stenti il 20 luglio 2022 dopo essere stata abbandonata sola in casa per giorni, avrebbe avuto rapporti sessuali a pagamento con uomini incontrati tramite un vicino di casa indagato per favoreggiamento della prostituzione.

È quanto si è appreso oggi, 3 luglio, durante l’udienza presso la Corte d’Assise di Milano, dove l’uomo è stato chiamato a testimoniare. Non si è presentato ed è stato prelevato ed accompagnato dai carabinieri, alla presenza del proprio avvocato. In aula si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma, a quanto si apprende, gli inquirenti hanno analizzato le chat tra l’uomo e la Pifferi, dalle quali emergerebbe che il vicino di casa avrebbe chiesto prestazioni sessuali gratis alla donna, alla quale, in cambio, avrebbe procacciato uomini disposti a pagare per avere rapporti con lei.

Per i Pm di Milano Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro, tali fatti rappresenterebbero la dimostrazione dello “stile di vita” – con le parole del comandante della squadra mobile di Milano, Marco Calì – portato avanti da Alessia Pifferi. Per l’avvocato della difesa Alessia Pontenani, si tratta della riprova dello stato di disagio economico e sociale estremo nel quale la donna viveva. Fuori dall’aula l’uomo, che abita al piano inferiore, ha parlato con alcuni giornalisti, spiegando di essere stato tra i primi ad entrare nell’appartamento di via Parea (Milano) dove è stato ritrovato il corpo senza vita della piccola Diana.

Ascoltati anche un’altra vicina di casa e i paramedici del 118 che furono chiamati a prestare i primi soccorsi, invano. La prima, Letizia Ricaldone, ha raccontato di essere stata chiamata dalla Pifferi a soccorrere la bimba: “Verso le 10-10.30 mi suona al citofono agitata e dice ‘la bambina non respira più’. Era agitata. Io ho trattenuto un grido e Alessia mi ha chiesto ‘è morta?‘. Non ho risposto. L’ho fatta sedere sul divano, le ho sollevato le gambe e le ho dato l’acqua, mi ha chiesto le tavolette ghiacciate. Non ha mai pianto Alessia però mi ha chiesto ‘mi arrestano?’ e io ho glissato”. “La bambina chiaramente era già priva di vita” – ha proseguito la donna – “Alessia mi ha raccontato di averla lasciata con la babysitter e che, due giorni prima, l’aveva chiamata per dire che andava tutto bene. Quando telefonammo al 118 continuava a ripetere di essere una brava madre e disse ‘Forse è colpa mia, quando l’ho presa in braccio ho cercato di rianimarla, forse ho esagerato”.

La versione della babysitter è stata riportata in aula anche dal medico di primo soccorso, che parlando della reazione di Alessia Pifferi ha detto di non aver assistito al pianto di una madre straziata: “Quando le ho detto e che la sua bambina era morta inizialmente ha pianto, non vorrei sbilanciarmi nel dire che era un pianto molto controllato, non come una madre straziata. Nei primi minuti poteva apparire anche credibile, ma pochi istanti dopo sono arrivate le forze dell’ordine e la storia di averla affidata a una babysitter è crollata: ci sono state molte incertezze, ha detto di aver conosciuto la babysitter mesi prima in un parchetto, di non avere il numero di telefono di tale Giovanna o Jasmine. Non avrei pensato a una storia di questo genere” – ha continuato il medico – “ma i segni di una storia di abbandono li potevo vedere. Non c’erano segni di violenza, la bambina poteva pesare metà del suo peso per la disidratazione, faceva molto caldo, e aveva segni di necrosi”.

Il processo a carico della donna è stato rinviato al prossimo 19 settembre, data in cui è previsto l’esame in aula dell’imputata e in cui saranno sentiti gli ultimi testimoni e convocati i consulenti della difesa. Per il momento la Procura di Milano ha proceduto a depositare la relazione del medico legale, gli esami tossicologici, i tabulati, la telefonata al 118 e l’analisi delle telecamere presenti vicino all’appartamento dove è morta la bambina.

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