La foto pubblicata su telegram da Sergey Babinets, a capo di Komanda Protiv Pytok (“Squadra contro la tortura”, Crew Against Torture – Cat), la mostra su un letto di ospedale, sporca e con entrambe le mani fasciate. La giornalista di Novaya Gazeta Yelena Milashina, autrice di numerose inchieste su violazioni dei diritti umani in Cecenia, fra cui quella sugli abusi e uccisioni di persone Lgbtq nel 2017 e considerata l’erede di Anna Politkovskaya, è stata brutalmente aggredita in Cecenia, insieme all’avvocato Alexander Nemov. A scrivere di quanto accaduto ai due è The Moscow Times che cita denunce di Memorial e Crew Against Torture (Cat). Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha definito l’aggressione “molto grave” e “che richiede risposte energiche” e ha riferito che Putin ne è stato “informato”.
La condanna dell’Ue – “L’oltraggiosa aggressione contro la giornalista Yelena Milashina e l’avvocato Alexander Nemov a Grozny, in Cecenia” è “solo l’ultimo episodio di una serie di violazioni dei diritti umani e atti di intimidazione contro la società civile in tutta la Russia”, ha scritto in una nota Peter Stano, portavoce dell’alto rappresentante Ue, Josep Borrell. “L’Ue si attende che le autorità russe pongano fine a questi attacchi e garantiscano che giornalisti e difensori dei diritti umani possano lavorare in un ambiente sicuro senza timore di rappresaglie”, indica il portavoce, evidenziando la volontà europea di continuare a “sostenere la società civile russa dei media indipendenti e i difensori dei diritti umani dentro e fuori la Russia”, e denunciando la “sistematica oppressione e il disprezzo dei diritti umani dei propri cittadini” da parte di Mosca. Bruxelles quindi esorta Mosca a “rispettare la costituzione russa e a ritirare le accuse” contro l’attivista per i diritti umani e co-fondatore di Memorial, Oleg Orlov, “accusato di discredito delle forze armate russè per le sue critiche alla guerra in Ucraina”. Nel testo si ribadisce inoltre l’appello dell’Ue al “rilascio immediato e incondizionato” del leader d’opposizione russa Alexei Navalny che “rischia un’ulteriore pena detentiva di decenni” sulla base di “nuove accuse inventate di estremismo. Le autorità russe sono responsabili della sua sicurezza e salute”.
Il processo – Zarema Musaeva è stata condannata oggi a 5 anni e 6 mesi di reclusione per frode e violenza contro un agente di polizia. La Musaeva è moglie di Saidi Yangulbaev, un ex giudice della Corte Suprema della Cecenia. I suoi figli sono Abubakar Yangulbaev, attivista per i diritti umani, e Ibragim Yangulbaev, che si ritiene cofondatore del movimento di opposizione Adat. Entrambi hanno lasciato la Cecenia dopo che la madre, secondo gli attivisti, era stata rapita dalle forze di sicurezza cecene a Nizhny Novgorod, in Russia, ed era stata portata in Cecenia.