Pubblichiamo la lettera che Antonino De Masi, un imprenditore calabrese vittima della ‘ndrangheta, ha inviato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, alla presidente della Commissione parlamentare antimafia Chiara Colosimo, al procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri e al prefetto Massimo Mariani. Nel 2013 qualcuno ha sparato una sventagliata di Kalashnikov in uno dei suoi capannoni, nella zona industriale a ridosso del porto di Gioia Tauro. De Masi, in passato, ha denunciato le estorsioni subite dalla cosca Crea di Rizziconi, una delle famiglie mafiose più sanguinarie della provincia di Reggio Calabria: si è fatta consegnare trattori e macchine per l’agricoltura realizzati dalla sua azienda. De Masi non si è piegato alla richiesta estorsiva e, con la sua testimonianza in Tribunale, è riuscito a far condannare in via definitiva il boss Teodoro Crea detto “Toro” e i suoi figli, Giuseppe e Domenico Crea. Oggi De Masi vive sotto scorta e, a causa delle continue minacce della ’ndrangheta, è stato pure costretto a far vivere la sua famiglia lontano dalla Calabria. Da anni i capannoni della sua azienda sono piantonata dall’esercito.
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Sono un cittadino calabrese, un imprenditore vittima di reati di mafia, che ha fatto il proprio dovere denunciando gli estortori e costituendomi poi parte civile in processi che sono arrivati alla condanna definitiva. Più volte in passato ho rappresentato a tutte le Istituzioni con diverse comunicazioni il “contesto del territorio calabrese”, ultima una mia comunicazione del 06/12/21 con la quale ho auspicato una maggior vicinanza degli organi dello Stato ai cittadini calabresi ed all’attività delle Procure.
La realtà quotidiana che emerge delle imponenti azioni della magistratura è di una situazione di controllo totale del territorio da parte delle organizzazioni criminali. Certamente ognuno di noi ha sperato e spera che tale “oppressione” sia marginale e circoscritta ma le indagini evidenziano purtroppo una realtà, nonostante il lavoro della magistratura e forze dell’ordine, drammatica.
Un’amara realtà nella quale il sistema democratico ed il territorio tutto sono condizionati dal potere criminale, generando una normalizzazione del “male” ed un’accettazione e sottomissione alle cosche mafiose che ormai ha ammazzato la speranza. I dati economici e sociali della Calabria sono sotto gli occhi di tutti, è un territorio che si sta spopolando ed impoverendo sempre di più, dove entro pochi anni non ci saranno più giovani, costretti ad emigrare per cercare altrove una vita dignitosa.
La Calabria, terra complessa difficile piena di conflitti e disagi, rischia di cadere definitivamente nel baratro della povertà economica, sociale oltre che dell’illegalità. Ma l’aspetto ancor più drammatico è che nella società calabrese vi è una devastazione sociale impressionante che ha generato un senso di rassegnazione ed apatia, si sono spente le luci della speranza, normalizzando una realtà drammatica. Quali prospettive di futuro può avere questa Regione? L’economia, il sistema imprenditoriale è o dovrebbe essere generatore di ricchezza quindi di lavoro, opportunità e speranza, ma come ciò può avvenire se vi è la presenza di un condizionamento mafioso massiccio?
In questo contesto mi sono sempre chiesto cosa poter fare, e quale poteva essere attivamente il mio ruolo di cittadino ed imprenditore. Le mie forti scelte e l’aver fatto il mio dovere, con l’essere considerato “testimone di giustizia”, mi hanno portato alla solitudine, alla marginalizzazione all’isolamento, al venire giudicato un “infame”. Nonostante tutto ho scelto di continuare a vivere e lavorare in Calabria, terra che amo, pagandone prezzi altissimi, ma lo debbo ai miei figli ed ai tanti giovani che oggi hanno come unica prospettiva quella di emigrare.
Certamente non sono abituato a piangermi addosso, non cerco pietismi, elemosine o commiserazione. Sono stato più volte minacciato di morte e le cosche mafiose, come consuetudine, mi faranno pagare le conseguenze delle mie azioni e di ciò ne sono consapevole, visto anche i tanti e drammatici precedenti. I segnali che mi arrivano sono chiari, sono segnali di arroganza, di minacce e di violenza. So molto bene di essere un obbiettivo, di essere nel mirino dei loro “fucili”, ma mi sono sempre ritenuto un combattente e questa legittima paura non potrà portarmi a scappare o mettere la testa sotto la sabbia.
Ci tengo a sottolineare di avere sempre avuto al mio fianco le Istituzioni, la Procura di Reggio Calabria, S.E. Il Prefetto e la costante tutela delle forze dell’ordine. Purtroppo però non è la sola repressione che può sconfiggere i poteri criminali, ma il ruolo determinante è quello della società civile, che sino ad oggi è stata soggetto e spettatore passivo.
L’unica speranza che abbiamo tutti, io di proteggere la mia vita e lo Stato, il Paese, di eliminare il potere delle cosche, risiede infatti nello svegliare le coscienze dormienti dei cittadini, che non devono più essere soggetti passivi, assuefatti ad una normalità piena di bruttezze e sopraffazioni, ma divenire attori di una riscossa sociale, di una rivoluzione che ha come obbiettivo quello di riprenderci il nostro diritto al futuro, alla speranza. Innescare un cambiamento è l’unica prospettiva di rinascita del territorio, gli aiuti economici come il Pnrr a poco serviranno, così come avvenuto in passato, se non si interviene immediatamente sulla società civile, responsabilizzandola.
La Calabria piena di bellezze ma anche terra portatrice di tanti mali, può invece essere in questo caso generatrice di un cambiamento, di una rivoluzione sociale e morale per tutto il Paese. Si può e si deve rimettere al centro la questione morale chiedendo alla gente di essere parte attiva del cambiamento; abbiamo il dovere di chiedere ai nostri cittadini di riappropriarsi del proprio domani, possiamo e dobbiamo essere da esempio per tutti.
Rappresento per un’attenta valutazione che certamente è ben chiara alle Istituzioni tutte, che ci troviamo in una Regione, con una delle più potenti organizzazione criminali al mondo, con il maggior numero di comuni sciolti per infiltrazioni mafiose, con il maggior numero, in rapporto alla popolazione residente, di crimini violenti e reati economici, oltre che al maggior numero di imprese cessate rispetto alle nuove. Dove vi è il più alto tasso di disoccupazione e di inoccupazione. Siamo in un contesto in cui il sistema sanitario presenta il maggior numero di aziende sanitarie infiltrate, con debiti monstre inquantificati ed inquantificabili. Con il divario economico con il nord in continua crescita. Siamo in un contesto in cui l’arrogante potere criminale arriva a minacciare le Istituzioni (il caso dei recenti proiettili trovati davanti alla Procura di Reggio Calabria o le continue minacce al Procuratore di Catanzaro). Una terra nella quale i diritti costituzionali primari sono inesistenti e nei casi come il mio i diritti alla vita, alla liberta individuale e di impresa vengono meno.
Da ciò chiedo alle massime Istituzioni, consapevoli della gravità del contesto, di essere i propulsori di tale cambiamento, di venire tra la nostra gente, stare al nostro fianco, di essere da stimolo ai calabresi che devono sentire la presenza dello Stato e delle Istituzioni. Tutti noi abbiamo bisogno di vedere nello Stato il punto di riferimento, attraverso messaggi e atti positivi e concreti di cambiamento e speranza. Credo che ciò sia un atto dovuto al nostro Paese ed ai nostri valori democratici.
Concludo questa lettera con due, attinenti, citazioni dell’illustre calabrese Corrado Alvaro:
“Nessuna libertà esiste quando non esiste una libertà interiore dell’individuo.”
“La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile.”