“Il Recovery plan italiano prevede la creazione di circa 264.000 nuovi posti per i servizi educativi e per la prima infanzia da zero a sei anni. Ciò può avvenire attraverso la costruzione o la riqualificazione di asili nido, con l’obiettivo di aumentare i posti disponibili”. La comunicazione di un portavoce della Commissione europea, battuta dalle agenzie italiane martedì a metà pomeriggio, sembra ribadire un concetto dato per acquisito fin dalle premesse del Pnrr. Invece si tratta di una nota che segna di fatto una smentita (quasi) ufficiale alla notizia pubblicata martedì mattina sul Sole 24 Ore. Il quotidiano aveva rivelato che gli ispettori europei contestavano al governo tutti i progetti che riguardano gli ampliamenti di asili nido già esistenti. In altre parole, secondo l’interpretazione, i fondi possono essere spesi solo per nuove strutture. In pratica, alla luce della notizia che per sette ore non è stata precisata né smentita, il governo Meloni sembrava trovarsi in ulteriore difficoltà sul Pnrr dopo aver mancato la scadenza prevista dal piano originario, che fissava per il 30 giugno il termine ultimo per completare l’obiettivo. L’ipotesi di esclusione degli ampliamenti di strutture esistenti avrebbe infatti messo a rischio oltre un miliardo di euro: in ballo ci sono circa 100mila nuovi posti sui 264.480 previsti in totale dalla Missione 4 del Revocery plan italiano. Nel pomeriggio la rassicurazione della Commissione: “Questa misura dovrebbe migliorare i risultati scolastici e lo sviluppo dei bambini piccoli e facilitare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. La prima tappa del provvedimento riguarda l’aggiudicazione degli appalti, prevista per la 4a richiesta di pagamento. La Commissione sta lavorando a stretto contatto con l’Italia per garantire l’attuazione di questa importante misura”.
Sul tema degli asili nido il centrodestra si gioca molto anche a livello di consenso interno. Il governo Meloni ancora non ha incassato il via libera alla terza rata del Pnrr da 19 miliardi di euro (in questo caso le verifiche di Bruxelles riguardano in particolare i nuovi alloggi per gli studenti universitari). E ha mancato l’appuntamento con la quarta rata, che pesa altri 16 miliardi: i fondi in questione riguardano, tra il resto, le colonnine di ricarica per le auto elettriche, le stazioni a idrogeno, la giustizia. E poi appunto gli asili nido: un tema molto più sentito sia dalla maggioranza – che ha fatto della promozione della natalità uno dei suoi capisaldi – sia dalla popolazione. Basta pensare che a Milano in primavera quando sono state pubblicate le prime graduatorie per l’accesso agli asili nido comunali, erano rimasti esclusi inizialmente ben 3.800 bambini. Un problema per oltre 3mila famiglie residenti nel capoluogo lombardo.
Proprio per la necessità di nuovi posti, la costruzione di nuovi asili nido è considerata uno dei fiori all’occhiello del Pnrr italiano. Le scadenze rilevanti per la Commissione sono due: una milestone che prevedeva l’aggiudicazione entro il 30 giugno dei contratti per la costruzione, la riqualificazione e la messa in sicurezza, e un target che prescrive di creare 264.480 nuovi posti tra asili nido e scuole materne entro la fine del 2025. Come detto, la prima ha già subito uno slittamento. Colpa di una serie di ritardi che si sono accumulati nel corso del 2022, dovuti alla lentezza della burocrazia e a un eccesso di puntiglio da parte del ministero dell’Istruzione, come aveva denunciato l’Anci a ilfattoquotidiano.it.
La smentita, seppure tardiva, di Bruxelles, prova a far escludere l’idea di una trattativa in salita, proprio nei giorni dell’ottimismo ostentato dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro Raffaele Fitto dopo l’ultimo vertice. I fronti su cui trovare un’intesa si allargano sempre di più: oltre alla terza rata ancora da chiudere, il governo dovrà impostare una mediazione sulla quarta, visto che ha mancato gli obiettivi. Chiederà una proroga di 3-4 mesi. Il tutto all’interno di un quadro complessivo che vede Palazzo Chigi impegnato a consegnare al più presto a Bruxelles un nuovo Pnrr aggiornato e integrato al RePower. Anche in questo caso, i Paesi che hanno ultimato i piani modificati aumentano: l’Italia rischia di arrivare in ritardo.
Articolo aggiornato alle 19.30