Il giornalista padovano, classe 1975, è intanto impegnato a teatro con lo spettacolo "Ebreo" ("Farò 40 data in tutta Italia"): "Problemi? Da piccolo soltanto. Alle elementari durante l’ora di religione non dicevo le preghiere, una maestra chiamò i miei genitori...", la lunga intervista al Corriere della Sera
Voce di Radio 24, volto di La7. Davide Parenzo ha concluso la sua esperienza invernale con “In Onda” e quasi certamente sarà alla conduzione da settembre de “L’Aria che tira” al posto di Myrta Merlino. L’annuncio arriverà l’11 luglio nel corso della presentazione dei palinsesti della settima rete con Urbano Cairo. Il giornalista padovano, classe 1975, è intanto impegnato a teatro con lo spettacolo “Ebreo” (“Farò 40 data in tutta Italia”): “Problemi? Da piccolo soltanto. Alle elementari durante l’ora di religione non dicevo le preghiere, una maestra chiamò i miei genitori: ‘Vostro figlio si spaccia per ebreo’. Mi cambiarono di istituto. Al liceo invece ogni tanto qualche battuta antisemita: tornavo a casa un po’ ferito”, racconta in un’intervista al Corriere della Sera.
“Andavo tutte le domeniche dal rabbino, avevo imparato a leggere l’ebraico. Ho respirato molto dal papà, avvocato, che è anche uno studioso. E dai nonni. Emanuele Parenzo, anche lui avvocato, venne espulso dallo studio dopo le leggi razziali: scappò in Svizzera con la nonna, che rimase muta per due giorni di fila. Poi c’era nonna Margherita, detta Greta: finì a Bergen Belsen con il padre e la sorella, si salvò solo lei perché parlava tedesco e capiva i comandi”, racconta Parenzo al quotidiano diretto da Luciano Fontana. Il nonno materno però “era fascista. Si chiamava Sebastiano Caracciolo. Figlio di socialisti di Catania, giovanissimo era partito volontario in guerra a Sarajevo e lì aveva conosciuto mia nonna Greta, di cui si era subito innamorato. Il conflitto divise i loro destini: lei deportata; lui catturato dagli inglesi e spedito a Casablanca. Dopo la guerra lui la fece cercare tramite la Croce Rossa e tornarono insieme“, scomparso nel 2013 senza mai negare la propria fede.
Nonno materno fascista ma anche massone di rito scozzese: “Adesso alla Zanzara diranno: ecco, anche tu hai un nonno fascista e pure massone! Ma la situazione era più complessa. Non c’era nulla dell’affarismo di oggi e il fascismo ad un certo punto mise pure al bando la massoneria, c’era in lui quindi questa doppia contraddizione. Questo anche per dire della complessità della famiglia in cui sono nato e in cui sin da piccolo si è parlato di politica”.
Molti anni passati a Telelombardia, una tv locale ma con tutti i leader tra gli ospiti di “Iceberg”: “Una volta venne Pannella, gli feci uno scherzo tremendo assieme a Ignazio La Russa, che era mio complice. Lo chiudemmo in camerino, facendogli credere che la trasmissione fosse già iniziata. La Russa in studio diceva: “Pannella non si presenta, teme il confronto”. Quello impazzì! Poi pretese 20 minuti per uno dei suoi pipponi… In realtà a Marco dobbiamo tanto. La Zanzara viene dall’idea dei microfoni aperti di Radio Radicale“. Il rapporto professionale con Giuseppe Cruciani prosegue ormai da tempo: “Conosciuto dopo una puntata di Tetris di Telese. Ho pensato: questo è matto. Ora c’è un’amicizia vera che dura da dieci anni. Momenti di scazzo ce ne sono di continuo: sul Covid ci siamo scontrati per davvero. Non accettavo il negazionismo”, ha raccontato il volto di La7.
Ha anche pensato di dire addio allo storico titolo radiofonico: “Una volta durante lo Yom Kippur non volevo andare in onda. Cruciani era sbigottito: ‘Ancora con le tue cose religiose!’. Spensi il telefono per 48 ore. Mi cercò pure Telese. Comunque ancora oggi il venerdì sera stacco completamente: infatti l’ultima mezzora della trasmissione è registrata. Non l’ho mai svelato. Alle 8 devo essere a tavola con tutti i bambini per lo Shabbat: mia moglie accende le candele e ceniamo insieme. Una tradizione”. In radio il clima si infiamma spesso e volentieri, da qui anche con effetto querele: “Quando mi hanno toccato come ebreo. Ho usato la legge Mancino. Erano radioascoltatori che chiamavano, oppure alcuni che mi minacciavano al telefono. Ogni mese ricevo ancora decine di messaggi di questo tenore”, ha concluso Parenzo.