Le quattro più grandi imprese agrochimiche e sementiere del mondo, Corteva, Bayer-Monsanto, BASF e Syngenta, sono pronte a sfruttare l’imminente deregulation europea dei nuovi Ogm (organismi geneticamente modificati). Mentre è attesa per oggi la proposta della Commissione Ue di esentare le nuove biotecnologie (New genomic techniques, in Italia Tecniche di evoluzione assistita) dalle regole su etichettatura, tracciabilità e valutazione del rischio previste dalla direttiva sugli Ogm, le quattro multinazionali hanno già richiesto 139 brevetti su applicazioni delle nuove biotecnologie per l’editing genomico sulle piante. Obiettivo: acquisire la proprietà esclusiva di varietà vegetali geneticamente modificate per vent’anni e rivenderle agli agricoltori. Bayer-Monsanto, Corteva, BASF e Syngenta controllano già oggi il 62% del mercato globale delle sementi e il 51% di quello dei pesticidi. Tramite i brevetti sulle Ngt questa quota potrebbe crescere ancora “rendendo gli agricoltori sempre più dipendenti da un piccolo gruppo di aziende”. Lo denuncia la ong Centro Internazionale Crocevia nel rapporto “Vita Privata – Come i brevetti sui nuovi Ogm minacciano la biodiversità e i diritti degli agricoltori”.
La porta aperta dall’Italia – Nel frattempo, se la sperimentazione in campo aperto da parte degli scienziati è da tempo possibile in Regno Unito, Spagna, Svezia e Belgio, mentre in Italia era consentita solo quella in vitro, a giugno le commissioni congiunte Agricoltura e Ambiente del Senato hanno approvato un emendamento al decreto legge Siccità che autorizza anche la sperimentazione in campo. “Ignorando la sentenza con cui, nel 2018, la Corte di giustizia Ue ha stabilito che gli Ngt sono organismi geneticamente modificati e devono essere regolamentati come tali”, ricorda la ‘Coalizione Italia libera da ogm’ di cui fanno parte Federbio, Wwf, Legambiente, Greenpeace, Lipu e Slow Food.
Le Tecniche di evoluzione assistita – Si tratta di un set di biotecnologie emerse negli ultimi vent’anni che, a differenza della modificazione genetica praticata dalla metà degli anni ’90, non introducono nell’organismo bersaglio i geni di un’altra specie. Due i rami: cisgenesi e genome editing con cui, in particolare, si va a modificare o sostituire con grande precisione piccole parti della sequenza del Dna, senza il successivo inserimento di un intero gene esogeno. Ed ecco che in tutto il mondo si studia come sfruttare queste tecnologie in alcuni settori, in primis l’agricoltura, per eliminare alcune caratteristiche della pianta o esaltarne altre. I biotecnologi promettono di produrre frutti più nutrienti, ottenere piante resistenti a siccità, insetti e funghi patogeni. Sulla carta, è per queste ragioni che a Bruxelles si lavora per rivedere il quadro normativo, prevedendo regole meno stringenti per le nuove biotecnologie.
Tutta la biodiversità diventa brevettabile – In Unione Europea, oggi le varietà commerciali ottenute senza manipolazione genetica possono essere al massimo coperte dalla ‘privativa vegetale’, che però consente l’accesso di terzi al materiale genetico per selezionare nuove varietà. La nuova modalità di tutela della proprietà intellettuale attraverso il ‘Unitary Patent System’ rappresenterebbe un cambiamento notevole: il materiale genetico brevettato non è liberamente disponibile senza l’autorizzazione del titolare del brevetto e non può, ad esempio, essere utilizzato per selezionare nuove varietà. Non solo: “Abolendo tracciabilità e pubblicazione dei processi di individuazione delle modifiche genetiche – denuncia la ong – si consentirà di estendere l’applicazione dei brevetti a tutte le piante autoctone o derivanti da selezione contadina o tradizionale che contengono tratti ed esprimono funzioni interessanti per i biotecnologi”. Significa che senza prove e pubblicazioni sul legame tra informazioni genetiche e relative funzioni, le imprese potrebbero persino fingere che sia frutto delle nuove biotecnologie e brevettare caratteri nativi delle piante. Nessuno potrà contestarlo.
Quasi mille domande già depositate – Uno scenario che ha scatenato gli appetiti delle multinazionali e dei principali centri di ricerca del mondo. Sono già 970 le domande depositate all’Ufficio europeo dei brevetti sulle Ngt, 510 già approvate e 460 in attesa. Oltre alle quattro big già citate, gran parte dei brevetti sono in mano a Harvard University, Massachusetts Institute of Technology, Broad Institute e Sangamo Biosciences. Ciascuno di questi centri di ricerca e società biotech ha comunque stretto uno o più accordi di licenza esclusiva per l’uso delle New Genomic Techniques con le quattro grandi corporation dell’agribusiness. Nessun brevetto risulta in mano a compagnie o centri di ricerca italiani. “Invece di lavorare per l’interesse generale, la scienza oggi è spesso al servizio dell’industria”, commenta Stefano Mori, coordinatore del Centro Internazionale Crocevia, secondo cui questo “legame tossico permette a Bayer-Monsanto, Corteva, BASF e Syngenta di controllare direttamente e indirettamente ricerca e sviluppo, produzione e distribuzione dei nuovi Ogm”. Per organizzare la distribuzione europea di piante, sementi e tratti Ngt brevettati, inoltre, i quattro colossi hanno creato nel marzo 2023 l’Agricultural Crop Licensing Platform, piattaforma di licenza che permetterà di gestire l’offerta di processi e prodotti Ngt in regime di oligopolio.
I rischi in campo – In base a questo sistema, l’accesso di terzi ai tratti protetti da brevetto può essere definito dai membri della piattaforma in base al diritto privato. La ong definisce questo sistema uno “sportello unico, parallelo a quello pubblico e non trasparente, per agricoltori e selezionatori, che dovranno pagare una quota per accedere a varietà e tratti posseduti dai membri della piattaforma”. Per ‘Centro Internazionale Crocevia’ “quella delineata dai promotori della deregulation è una visione in cui viene abolito il principio di precauzione, concentrato ulteriormente il potere di mercato e gli agricoltori diventano produttori di un cibo che appartiene ad altri”. A loro, però, resterebbero i rischi: climatici ed economici. Questa potenziale miniera d’oro per un gruppo ristretto di soggetti rappresenta un pericolo per la biodiversità agricola e i diritti dei contadini a conservare, riutilizzare, scambiare e vendere le proprie sementi. “Coperte da brevetto industriale, le Ngt e i prodotti che ne derivano – spiega Stefano Mori – potrebbero accelerare la già preoccupante concentrazione del mercato sementiero e contaminare campi non coltivati con varietà biotech, realizzando una vera e propria appropriazione indebita della biodiversità contadina e minando alla base la sopravvivenza dell’agricoltura biologica”. Uno scenario che prelude alla cristallizzazione di pratiche agricole non sostenibili, rafforzando l’attuale sistema che favorisce l’agricoltura industriale e intensiva.