Cooperative ‘spurie’ nella produzione del melone del mantovano, turni massacranti per gli operai che lavorano nell’industria delle insalate in busta tra Bergamo e Brescia, contratti pirata e lavoro grigio nel settore della macellazione dei suini tra Mantova e Cremona. In Italia, il caporalato non riguarda solo le regioni del Sud e queste sono le nuove e più ‘sofisticate’ forme dello sfruttamento sui campi nel Nord. Lo racconta l’associazione ‘Terra!’ nel dossier ‘Cibo e sfruttamento-Made in Lombardia’, che indaga su modalità di reclutamento, condizioni di lavoro, ma anche difficoltà di fare agricoltura oggi e vuoti creati dalla fragilità dei servizi pubblici e colmati dai soggetti intermediari. Realtà affrontate anche nel nuovo podcast dal titolo ‘Sulle spalle degli altri’, realizzato da Susanna Bucci e Paolo Butturini e prodotto da Akùo. Iniziativa di OverPress Media in collaborazione con Flai-Cgil, il podcast racconta invece delle filiere dell’Amarone della Valpolicella, della cipolla di Tropea, del pomodoro pugliese e del kiwi del basso Lazio. “A distanza di anni e da ben altre latitudini, con questo lavoro sul campo, abbiamo la prova che il costo del lavoro sia ancora il più sacrificabile dell’intera filiera. Abbiamo la conferma di quanto il lavoro grigio in agricoltura sia praticamente la regola” spiega Fabio Ciconte, direttore dell’Associazione ‘Terra!”.
La fabbrica delle insalate – Le stime indicano che il 31% della produzione delle insalate in busta (o quarta gamma) è in Lombardia. Nelle province di Bergamo e Brescia, l’avanzata è visibile a colpo d’occhio. Il settore della IV gamma è il “partner ideale” della Gdo: frutta e verdura prodotte in serie, standardizzate, qualitativamente ineccepibili e funzionali alle aspirazioni dei mercati. La distribuzione detta ritmi e tempi della produzione e ne fissa i parametri. Nel 2020, un chilogrammo di insalata pret-à-manger valeva mediamente 7 euro e 21 centesimi. A parità di peso, l’insalata sfusa, in cespo, 2 euro e 19 centesimi. Ma con la crisi energetica del 2022, l’industria delle insalate in busta ha mostrato il volto dell’insostenibilità, economica e ambientale. L’aggravio dei costi di produzione, tra il ferro, la plastica, i fertilizzanti, la refrigerazione costante degli ambienti di stoccaggio è stato di oltre il 20% e qualcuno si sta interrogando sui modelli alternativi da mettere in campo. E se da un lato si assiste a una standardizzazione dei processi, dall’altra emergono forti criticità delle condizioni di lavoro. I lavoratori sono perlopiù indiani Sikh, che vivono intorno ai centri produttivi. Il lavoro è ripetitivo e usurante. Molte imprese hanno esternalizzato porzioni sempre più consistenti della manodopera per diverse fasi della produzione, affidandosi ad agenzie per il lavoro, cooperative e Srl che subappaltano ad altre società. Ciò ha determinato flessibilità e precarizzazione della forza lavoro, sufficientemente elastica alla ciclicità produttiva dettata dai desideri commerciali just in time dei supermercati.
La terra dei suini – “Qui ci sono più maiali che esseri umani” è una frase che nella provincia di Brescia viene recitata come un mantra. D’altronde la Lombardia ospita il 50% dei capi suini presenti su tutto il suolo nazionale, oltre 4 milioni stipati in 6.747 allevamenti. La peculiarità della lavorazione dei suini in Italia è sicuramente la frammentarietà di un settore diviso in tante piccole imprese: allevatori, macellatori e trasformatori. Questa debolezza si riversa sulle fasi della commercializzazione, con marginalità di guadagno ridotte per le aziende di trasformazione, conseguenza di politiche molto aggressive di discount e insegne della distribuzione anche per prodotti Dop e Igp che finiscono per essere posizionati anche loro tra quelli più convenienti. In una filiera così frammentata, costretta a mantenere bassi i costi di produzione, l’esternalizzazione del lavoro a cooperative o agenzie di somministrazione sembra la regola. Nei macelli, però si vedono spesso lavoratori dell’azienda e della cooperativa svolgere le stesse identiche mansioni, anche se non potrebbero. Gli effetti del sottoinquadramento contrattuale della manodopera, una costante specie quando si tratta di lavoratori migranti, perché più ricattabili. E in questi casi, i contratti più diffusi sono il Multiservizi o quello delle Pulizie, più convenienti perché con buste paga di 400/500 euro inferiori rispetto al contratto di riferimento dell’industria alimentare. Queste violazioni, tra l’altro, si inseriscono in un settore fortemente impattante sul territorio lombardo da un punto di vista delle emissioni e del benessere animale.