“Certo, il nome di Parigi attrae la clientela più ricca ed esclusiva di tutto il mondo ma non posso esimermi dal chiedermi se tutto questo abbia ancora un senso o sia diventato un mero sfoggio di ricchezza da parte dei brand, che mobilitano centinaia di persone e fanno a gara per accaparrarsi le location più esclusive. Tutto questo non ha niente a che vedere con il vero lusso”, l'affondo del grande stilista alle sfilate parigine
“E se dalla prossima volta sfilassi Armani Privé a Milano? Chi di voi è d’accordo e chi di voi è contrario? Che faccio, rimango a Parigi accanto ad un’alta moda che non si può più definire tale?”. Giorgio Armani va dritto al punto e spiazza i giornalisti con questa domanda a bruciapelo a margine della sua sfilata Privé FW 2023/2024. Lo fa dopo aver presentato una collezione che definisce come la “più alta alta moda che io abbia mai fatto”, una lectio magistralis di armaniana bellezza, in cui creatività ed eleganza sono in perfetta sinergia. Tutto è prezioso, extra-ordinario nel senso più letterale del termine. Non è il “solito” Armani. Una vibrante energia pervade il défilé. E quando alla fine in passerella fa il suo ingresso una modella con un sontuoso abito da sposa rosso lacca – culmine di una sfilata che lascia tutti a bocca aperta -, il guanto di sfida è lanciato. “Non lo nascondo, mi trovo in disappunto con le collezioni di haute couture che vedo qui a Parigi”, confida lo stilista con fare liberatorio. Tra una manciata di giorni compirà 89 anni, sessantasei dei quali vissuti tra abiti e bozzetti: la moda è stata tutta la sua vita, riconosce che gli ha dato tanto ma non può esimersi dal rimarcare che gli ha anche tolto tanto. E con franchezza condivide con la stampa italiana le sue riflessioni: “Premesso che ognuno può fare quello che vuole, sono un po’ perplesso dal lavoro dei miei colleghi. Mi sento un po’ a disagio perché chiaramente non c’è paragone tra le creazioni degli altri brand e i vestiti che faccio io. Che fine ha fatto l’alta moda? Dov’è quel glamour, quel fascino, che pervadeva un tempo Parigi e mi ha spinto a venire qui?”
Era il gennaio del 2005 quando Giorgio Armani debuttava sulle passerelle parigine con la sua prima collezione di alta moda Privé. Adesso, 18 anni dopo, questa linea ha consolidato un’identità tale da spingere il suo ideatore a valutare una decisione drastica: lasciare le passerelle parigine dove non si riconosce ormai più, per sfilare nella sua Milano, magari nelle sale affrescate dei suoi palazzi del Settecento. “Certo, il nome di Parigi attrae la clientela più ricca ed esclusiva di tutto il mondo ma non posso esimermi dal chiedermi se tutto questo abbia ancora un senso o sia diventato un mero sfoggio di ricchezza da parte dei brand, che mobilitano centinaia di persone e fanno a gara per accaparrarsi le location più esclusive. Tutto questo non ha niente a che vedere con il vero lusso”, chiosa lo stilista. E la domanda è più che mai attuale, soprattutto considerando che questa settimana dell’Haute Couture è iniziata mentre tutta la Francia era sconvolta dalle rivolte e dai disordini scoppiati dopo l’uccisione da parte delle forze dell’ordine del 17enne Nahel nel corso di un controllo a Nanterre.
Ecco allora che questa provocazione di Armani non può cadere nel vuoto. Il dibattito è più che mai aperto, anche tra i cronisti: resistere, restare per affermare la cifra dell’italianità nel tempio dell’alta moda? O piuttosto prendere le distanze da questo mondo in cui non si ritrova più e fare di Milano lo scrigno della sua alta moda, che altro non è se non il punto d’incontro estremo tra l’immaginazione più alta e la migliore artigianalità? Per “Re” Giorgio la couture è infatti un’arte privata, nel senso di qualcosa di raro, speciale, un momento di personale privilegio, che nasce dalla mirabile sapienza manuale delle petites mains. Quelle stesse sapienti mani che hanno plasmato ad uno ad uno i petali delle rose che danno il nome a questa collezione, ”Le temps des roses”. Il rosso è il colore chiave che infiamma la passerella: qui non ha la stucchevolezza dei romanticismi, quanto piuttosto la potenza magnetica e carnale del mantello sventolato dai toreri. “Il rosso è esotico, fa distinguere anche l’abito più banale. Il rosso è la fascinazione dell’Oriente e mi è servito per prendere posizione in questa collezione che è più precisamente Armani che mai”, sottolinea lo stilista. E poi nero, oro, cristalli, velluti, sete e perline. “Il fascino della Couture si misura anche sulla quantità di perline che ci sono su un nastro di tessuto… E il prezzo deve essere giustificato dall’esclusività del pezzo unico”, sottolinea mentre nel backstage illustra dettagli e particolari delle lavorazioni di ogni capo che va a comporre questa monumentale collezione. Piccole giacche, gonne lunghe, pantaloni fluidi, silhouettes che scolpiscono la figura. E poi i tacchi alti, sempre, a completare ogni look: sottili, slanciati e acuminati come le spine di una rosa, appunto. Se sia stata davvero l’ultima sfilata di Armani Privé che abbiamo visto a Parigi è presto per dirlo. Di sicuro c’è che l’alta moda è dove è Giorgio Armani.