Immagino vi siate accorti che a Milano è stato inaugurato il tratto della M4 che collega Piazza San Babila all’aeroporto di Linate. Anche i meno attenti alla cronaca meneghina hanno infatti trovato ampia compensazione dai social, dove è apparsa una vera e propria raffica di selfie postati dai numerosi partecipanti allo “storico” primo viaggio. Sotto un pacchianissimo aereo gonfiabile da festa di paese sono sfilati proprio tutti i rappresentanti istituzionali, dal ministro delle Infrastrutture Salvini all’ultimo dei consiglieri eletti nei municipi che nulla hanno a che vedere con il tratto interessato dall’avvento della “blu”, passando per articoli 90, addetti ai lavori più o meno marginali e semplici simpatizzanti, senza distinzione di colore politico.
La vittoria ha come sempre tanti padri e ognuno di loro si è sentito in dovere di pubblicare un selfie con se stesso immortalato nella cornice dell’evento. Matteo Salvini – che mai si è risparmiato sul web – di post ne ha fatti subito addirittura due, giusto per rimarcare il fatto che lui almeno era ampiamente giustificato dal ruolo istituzionale. Per il resto, la gamma dei commenti è stata davvero ricca, dagli immancabili lamenti per la soppressione della 73 (che prima rappresentava il collegamento di superficie con Linate) a chi pomposamente fotografava “Piazza San Babila finalmente restituita ai cittadini”, come se prima l’avessero presa in ostaggio gli alieni e non un cantiere che si è chiuso con ampio ritardo rispetto alle previsioni iniziali.
Qualche considerazione di merito aiuterebbe a ridimensionare l’entusiasmo per un’opera certamente utile in termini di mobilità sostenibile, ma che in termini di tempo risale ai primi studi di fattibilità realizzati sotto il sindaco Albertini. Nel frattempo a Palazzo Marino si sono alternati Letizia Moratti, Giuliano Pisapia e per due volte Giuseppe Sala, che è stato anche il commissario di Expo 2015, evento che avrebbe dovuto vedere l’inaugurazione della M4. Invece il nastro è stato tagliato nel 2023 e comunque ha scatenato entusiasmi degni di quelli per lo sbarco sulla luna.
Ci vorrebbe un po’ di misura, anche perché l’opera è ovviamente stata frutto di investimenti pubblici, rendendo ancora più stonato l’impeto degli eletti ad abbinare il proprio volto all’epifanica infrastruttura. Invece c’è chi ha rivendicato l’opera come “fortemente voluta” dal proprio partito, alla faccia del ruolo istituzionale, ma soprattutto ha suscitato ilarità la disparità negli annunci: in quanto tempo la M4 conduce dal centro di Milano all’aeroporto? Le tonnellate di post contengono versioni contrastanti, con una forbice che spazia dagli 8 ai 15 minuti. Preso atto che tante persone hanno il tempo di prendere parte a una cerimonia che si svolge in tarda mattinata, quando a Milano uffici e centri produttivi sono in pieno fermento, almeno si sarebbero potuti sincronizzare gli orologi.
Il risultato, invece, è stato quello di una trance agonistica non dissimile dal film di Fantozzi nel quale gli impiegati vengono costretti a guardare La corazzata Potëmkin mentre si gioca Italia-Inghilterra e in sala si diffondono voci incontrollate sul fatto che gli azzurri stessero vincendo 20-0, con gol anche di Zoff su calcio d’angolo. Sarebbe andato benissimo un tone of voice meno enfatico, anche perché il tratto San Babila-Linate consiste in appena otto fermate, sulle 21 del progetto complessivo. E, anche quando questo sarà completato (teniamo le dita incrociate sui tempi), riguarderà solo una parte della città, ovviamente intersecata con le altre linee del trasporto pubblico locale.
Tutto sommato, l’eccesso di entusiasmo per una questione meramente legata alla zona centrale non fa che ribadire la clamorosa distanza tra gli eletti e una città della quale si è completamente dimenticata la dimensione metropolitana, a tutto danno dei molti che sono costretti a usare la macchina perché muoversi verso la città con i mezzi equivale a un esodo biblico. Tutto ciò è ben noto anche a chi è volato all’inaugurazione sulle ali dell’entusiasmo, ma tra forma e contenuti c’è sempre uno stretto legame. E spesso, quando questi ultimi sono carenti, si tende a eccedere nelle modalità di comunicazione, senza alcuna eccezione per lo storytelling politico.