Sto sorseggiando un caffè “tigrato” (il buon caffè deve avere delle striature) in un bar della Versilia, sono seduto a un tavolino all’aperto, a fianco ci sono due uomini sulla sessantina, uno con i baffi e il sigaro, la camicia slacciata, l’altro con una maglietta bianca, jeans e occhiali da sole. Riporto fedelmente e neorealisticamente il loro scambio (oltre a essere un guardone sono anche un “sentone”):
“Non ci sono più le telline, non se ne trovano più”
“Sarà mica colpa degli albanesi? Quelli sono capaci di tutto”
“A largo di Livorno hanno avvistato uno squalo bianco”
“Sarà sempre più pericoloso fare il bagno con il riscaldamento del mare”
“Prima da noi c’erano solo le verdesche”
“Eh, ma una verdesca di tre metri non vorrei averla vicino”
“Potrebbe staccarti una mano”
“Anche una gamba”
Stupisce che non abbiano attribuito anche la presenza degli squali bianchi agli albanesi. Li guardo, li osservo, mi fanno quasi tenerezza, ecco gli elettori di Giorgia Meloni, penso.
“Mia sorella ieri è caduta a terra, labirintite”
“Sarà colpa del vaccino”
Albanesi e vaccino malefico, il binomio perfetto del cervello fascista. Mi vengono i brividi, non provo più tenerezza, ho paura. Perché non parlano di Verlaine o Rimbaud? Che cosa succede? Che cos’è questo vuoto cerebrale? Mi alzo, riporto la tazzina, pago, esco e riesco a sentire un ultimo brandello di conversazione: “E poi gli hanno tolto un testicolo…” Sarà colpa del vaccino, immagino. Inforco la bicicletta e torno a casa.
Google continua a riportare notizie dell’intervento di Sgarbi e Morgan al MAXXI (Museo delle arti del XXI secolo). Vittorio (che fa rima con littorio) parla della “prostata puttana” e risponde al cellulare “Chi cazzo sei? Cornuto”, il critico e personaggio televisivo è sempre attaccato al cellulare (come Salvini), sempre connesso con un altrove mistico, anche se sta facendo un dibattito “culturale”, si comporta in ogni luogo come se fosse nel cesso di casa sua.
L’altro, Morgan (assieme sembrano il gatto e la volpe di collodiana memoria), parla di Al Bano (che dovrebbe chiamarsi “al bagno” dato che le sue canzoni stimolano certi processi fisiologici) e poi parla anche di Leopardi. Dove sei Severino? Una volta eri tu che ci parlavi del conte Giacomo Leopardi. Polemiche su polemiche, il direttore del MAXXI si scusa pubblicamente, aveva in mente un dibattito “mite” (viene da ridere), ma poi la situazione gli è sfuggita di mano.
Ecco l’Italia fascista, penso. Tutto perfetto. Volgarità, complottismo, razzismo, novaxismo. Albanesi, squali bianchi, telline, vaccini malefici, superstizione, prostate puttane, cornuti e barzellette di infimo rango. Ci si sente soffocare. Viene voglia di vomitare. Aveva ragione Orazio a disprezzare il volgo. Non il popolo ma il popolaccio è fascista e non può essere altro. Dove c’è volgarità c’è fascismo, dove c’è ignoranza c’è fascismo. Il popolo invece è un’altra cosa, la bellezza della saggezza popolare, la semplicità, il buon cuore e l’accoglienza, ma il popolo è sempre più raro, non esiste quasi più.
I contadini una volta sapevano a memoria la Commedia di Dante e vicino all’albero degli zoccoli c’era il tepore dell’umanità. L’altro giorno un uomo di 70 anni in canottiera, occhi azzurri e capelli bianchi, bellissimo, è venuto a portarmi un chilo di stortini del suo orto (una particolare varietà di fagiolini), mi ha parlato di suo figlio bagnino con orgoglio: “Lo scorso settembre mio figlio ha salvato cinque persone che stavano affogando“. Poi mi ha detto che è stato allenatore di una squadra di pallavolo femminile. Ci salutiamo e si allontana, lasciando una scia di eleganza e fierezza.
E se fosse anche lui un elettore di Giorgia Meloni? No, non è possibile, Dio, fai che non sia così. Che cosa ci è successo? Come mai le persone “umili” (vicine alla terra) votano per gli sfruttatori?
Torno a Milano. Per prendere un taxi bisogna stare almeno trenta minuti al telefono. I tassisti sono diventati come gli idraulici. Al 4040 mettono in sottofondo Elton John. Al 6969 invece c’è un pezzo sincopato da discoteca che potrebbe condurmi alla follia. Finalmente arriva un taxi e il tassista mi spiega che per colpa del sindaco Sala la viabilità si è ridotta molto e questo rallenta la circolazione. Tiro un sospiro di sollievo, pare sia colpa del sindaco e non dei vaccini, forse c’è ancora speranza? Certo che gli italiani votano a destra, ma non perché non ci sia più la sinistra, no, il punto è che non c’è più il popolo! Al suo posto c’è il popolaccio che si nutre di frasi come “sarà colpa degli albanesi o dei vaccini…”, e il popolo non c’è più perché non c’è più una vera cultura popolare, alligna il vuoto, la mentalità da bar, le frasi fatte e strafatte, e tutti i nostri sogni si sono ridotti a un gratta e vinci.
Che fare? Dove appoggiare la testa? Carpe diem, quam minimum credula postero, scriveva Orazio. Ma le carpe ci sono ancora? Non avranno fatto la fine delle telline? Sarà colpa degli albanesi? O dei vaccini? E Orazio intendeva dire cogli l’attimo o cogli la carpa quotidiana? Di sicuro Vittorio (che fa rima con littorio) ha colto l’attimo fuggente e la sua prostata puttana ci ammonisce sul passare del tempo: tempus fugit. L’Italia fascista prospera su questo vuoto, sul precipizio dove tutti i nostri sogni sono precipitati, senza la redenzione del volo.
Ma perché al bar non si parla di Verlaine o di Rimbaud? Scorgo un futuro prostatico per tutta l’umanità, anche per le donne.