Cultura

Dalla parte giusta, le maschere e l’impostura del potere in un romanzo distopico e surreale

di Giuseppe Pipitone

C’è un’isola ammalata di virus che muta continuamente. Cambia forma ma in fondo resta sempre uguale. Su quell’isola, a un certo punto, si è formato un movimento che a quel virus ha dichiarato guerra. Solo che non era vero niente. Era tutta un’impostura: la guerra era finta e il movimento antivirus era solo l’ultima mutazione del virus. Quell’isola non è la Sicilia e il virus non è la mafia. Eppure a leggere Dalla parte giusta, il primo romanzo di Accursio Sabella, l’impressione è di ripercorrere la storia politica recente della Regione più a Sud d’Italia. E non solo.

Giornalista politico d’esperienza e talento, cresciuto tra i corridoi dell’Assemblea regionale siciliana e poi migrato tra quelli di Montecitorio, Sabella tratteggia una storia che sembra quasi distopica. Eppure risulta assolutamente reale. Se in Sicilia ogni esperienza di amministrazione della cosa pubblica è spesso sporcata dall’immancabile ombra della mafia, nel libro edito da Laurana ci sono la Cateria e i cateri a rendere tutto sinistro e sempre inequivocabilmente sporco. Che cos’è la Cateria? È la mafia? Anche, ma non solo. “La Cateria è l’ordine delle cose, l’ordine universale. Anzi, mi permetto, è l’ordine naturale, come se fosse propria del Creatore che ha infiniti passati e infiniti futuri. La Cateria distingue chi vince, chi perde, chi comanda, chi obbedisce. E pure chi punisce e chi giudica. È ordine sociale. L’ordine serve la pace”, è la definizione che Sabella mette in bocca a uno dei personaggi del suo libro. Sono figure quasi allegoriche, maschere del potere che popolano le pagine del romanzo dello scrittore siciliano.

Dalla parte giusta è popolato da personaggi che a volte si spingono versono il surreale ma che nonostante tutto, alla fine, restano incredibilmente convincenti. Come gli ideatori del movimento dei Giusti, creato per scatenare una guerra senza quartiere alla Cateria. Ma questa guerra diventa subito posticcia, fin dal primo momento: la lotta alla Cateria è solo un mezzo per prendere il potere. Un’ombra da agitare per sporcare i nemici e pazienza se si tratta di gente completamente estranea agli addebiti. Anche perché, nel frattempo, si scopre che pure il movimento dei Giusti è legato mani e piedi a una sorta di nuova Cateria. Un copione che sembra familiare: è impossibile non pensare a certe vicende andate in onda in Sicilia e nel resto del Paese negli ultimi anni. L’elenco è sterminato: i professionisti dell’antimafia e poi la mafia dell’antimafia, i paladini della legalità finiti in carcere e le zarine dei beni confistati cacciate dalla magistratura.

Nel suo romanzo, però, Sabella non si erge a giudce supremo: non giudica ma si limita a raccontare un controverso labirinto di specchi. Lo fa incasellando un’infinita serie di suggestioni, descrivendo accuratamente gli ambienti, i luoghi, persino gli spot. Sembra quasi che a dare il ritmo al romanzo siano gli annunci pubblicitari che catturano l’attenzione del protagonista, c’è l’aranciata “che ti cambia la giornata”, le mele “della Regione, la natura del campione”, persino le dentiere sponsorizzate sui giornali con “se non puoi mordere, non mostrare i denti”. Sono slogan assurdi, che contribuiscono ad arricchiere la sostanza onirica del libro.”Ma alla fine che cos’è la nostra vita? Un sogno fatto in Sicilia. Forse stiamo ancora lì e stiamo sognando”, scriveva Leonardo Sciascia in Candido. Allo scrittore di Racalmuto è probabile che il libro di Sabella sarebbe piaciuto.

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