Yelena Milashina mostra le ferite riportate in seguito all’aggressione dello scorso 4 luglio ad opera di una decina di uomini a volto coperto mentre, insieme all’avvocato per i diritti civili Alexander Nemov, si dirigeva in auto a Grozny per seguire il processo contro la madre di un attivista per i diritti umani in Cecenia. Gli assalitori, la cui identità resta sconosciuta, hanno distrutto le attrezzature e i documenti che Milashina e Nemov avevano con loro, li hanno picchiati selvaggiamente con dei bastoni e, riferisce Milashina, “tubi di polipropilene” costringendola a mangiare terra e tentando di romperle le dita della mano perché si rifiutava di sbloccare il proprio cellulare. Sull’aggressione, le autorità russe hanno aperto un’ispezione guidata dal Comitato investigativo della Federazione Russa per la Repubblica cecena e un altrettanto sbrigativo processo penale che si è concluso con la considerazione – riferita dal capo della Direzione investigativa del Comitato Volkov – che quelli riportati da Yelena Milashina sono “danni minori” o “moderati”, ai sensi degli articoli riguardanti “inflizione intenzionale di danni di moderata gravità alla salute” e “inflizione intenzionale di danni leggeri alla salute”.
Yelena Milashina è una giornalista indipendente considerata da più parti l’erede di Anna Politkovskaya proprio per la sua attività di denuncia delle violazioni dei diritti umani in Russia. Le immagini scattate dalla fotoreporter Anna Artemyeva e pubblicate su Novaya Gazeta, la testata russa per cui Yelena scrive, mostrano senza filtri la brutalità dell’agguato nei suoi confronti. Milashina è stata ricoverata in una clinica di Mosca e la diagnosi accertata dai medici parla persino più chiaramente delle foto: lesioni craniocerebrali chiuse, 14 fratture multiple delle ossa delle mani, contusioni multiple dei tessuti molli. Come riporta Novaya Gazeta, lo stato di Milashina è però stabile e la donna è cosciente. Quando parla degli aggressori ha pochi dubbi: “Sapevano come farlo e sapevano come stare entro certi limiti oltre i quali non potevano andare”. I limiti, appunto, che gli hanno permesso di restare nella definizione dei danni considerati moderati.