La loro rivalità sembra destinata a riscrivere la storia del ciclismo. Di più, a far rivivere agli appassionati quell’epopea che solo i duelli che i primi decenni del secondo Dopoguerra hanno saputo regalare. Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard hanno messo in scena uno spettacolo che alla sesta tappa del Tour de France era praticamente inedito. Nessun attendismo, nessuna pre-tattica: se ne sono andati sulle rampe dello storico Col du Tourmalet, quando all’arrivo mancavano ancora 50 km. Da soli hanno staccato di oltre due minuti il gruppo con gli altri migliori scalatori al mondo, hanno raggiunto la fuga e poi si sono sfidati in un testa a testa sulle ultime rampe verso il traguardo di Cauterets–Cambasque. Ha vinto Pogacar staccando Vingegaard, che però si è preso la maglia gialla. Appuntamento al prossimo arrivo, alla prossima sfida. In un duello che promette di diventare totale.
Pogacar è scattato a poco più di 2,5 chilometri dal traguardo, arrivando sul traguardo con 24″ di vantaggio su Vingegaard, che salgono a 28″ per via dell’abbuono. Il loro testa a testa di gambe e di nervi però era cominciato ben prima, sul mitico Tourmalet. Prima uno scatto del gregario Sepp Kuss, poi un altro dello stesso Vingegaard hanno messo in crisi il resto della concorrenza: Jai Hindley in maglia gialla, che dopo la quinta tappa era stato candidato a terzo incomodo, ridimensionato nel giro di pochi km. Dalla cima del Tourmalet fino agli ultimi 5 km lo spettacolo lo ha regalato Wout Van Aert, campione anche nel fare il gregario che praticamente ha preso vento per 140 dei 145 km della tappa. Da solo ha difeso il vantaggio guadagnato da Vingegaard e Pogacar, impedendo al resto del gruppo di recuperare anche solo qualche decina di secondi.
La Jumbo-Visma aveva così apparecchiato la tappa perfetta per dare un’altra botta a Pogacar, parso in difficoltà nella giornata di mercoledì. Invece lo sloveno ha incassato il colpo e oggi lo ha resistuito. Adesso Vingegaard è la nuova maglia gialla, ma Pogacar è lì ad appena 25 secondi. Hindley scende al terzo posto con già un minuto e 34 secondi di ritardo. Simon Yates è quarto a oltre tre minuti. È evidente: il danese e lo sloveno fanno gara a sé. Come un anno fa, meglio di un anno fa. Perché un duello del genere, con scatti già dalla prima tappa e attacchi da lontano alla prima vera frazione di montagna, porta il ciclismo in una nuova dimensione. In una nuova epoca, dove i paradigmi ingessati del passato sembrano essere saltati. Merito anche di un percorso che ha stravolto la tradizione, creando i presupposti per far diventare il Tour un continuo colpo di scena.